Ammar Moussawi (Hezbollah): “Combattere contro un popolo che ha fede è un’arma che nessun esercito potrà mai sconfiggere”
Beirut – Per alcuni Paesi rappresenta il male assoluto, il cancro da combattere a tutti i costi tanto da “costringere” l’Unione Europea ad inserirlo nella lista nera dei gruppi terroristici. Parliamo del movimento di resistenza libanese Hezbollah, l’unica realtà combattente capace di liberare la propria terra dall’occupazione israeliana ed infliggere alla sua imponente macchina da guerra, pesanti e umilianti sconfitte.
Invece, per la maggior parte del popolo libanese, e non solo, Hezbollah rappresenta la speranza di riscattare decenni di sofferenze e atrocità, la realtà che da circa 30 anni si sostituisce totalmente ad un governo sempre più assente e sordo alle esigenze della grande comunità sciita libanese.
Nel corso del nostro ultimo viaggio in Libano abbiamo incontrato e intervistato Ammar Moussawi, responsabile esteri di Hezbollah e deputato del Parlamento libanese.
L’inserimento dell’ala militare di Hezbollah nella lista nera dei gruppi terroristici da parte dell’Unione Europea, ha influito sulle attività del movimento?
Per niente, le attività del movimento procedono come sempre. La decisione presa dall’Unione Europea è frutto della pressione che Stati Uniti, Israele e Paesi del Golfo (Arabia Saudita, Qatar) esercitano nei confronti dell’Europa, oramai succube delle politiche che questi Paesi attuano anche per imponenti e strategici interessi economici nella regione.
Le nuove tensioni nei campi profughi palestinesi possono rappresentare una minaccia per la sicurezza libanese?
Il pericolo esiste ma è molto limitato. I leader dei comitati palestinesi stanno facendo il possibile per cercare di non coinvolgere i campi nelle questioni interne libanesi. Siamo a conoscenza dell’esistenza di miliziani salafiti armati infiltrati all’interno di diversi campi palestinesi, ma sono costantemente monitorati e la sicurezza all’interno e all’esterno dei campi è stata elevata.
La città di Tripoli è sempre più vittima delle bande di salafiti legati ai “ribelli” siriani. Dopo Damasco, Tripoli potrebbe rappresentare il nuovo fronte di guerra?
Preghiamo affinchè ciò non succeda, ma siamo consapevoli che la presenza di questi miliziani salafiti rappresenta un motivo di insicurezza per il Libano. Noi diamo la responsabilità di ciò che sta succedendo a Tripoli ad una certa fazione politica libanese (movimento Future di Hariri), che da anni sostiene, finanzia e protegge questi terroristi.
Non crediamo, comunque, che queste milizie siano in grado di scatenare un attacco in tutto il Libano. Anche in questo caso sono monitorati, conosciamo i loro spostamenti e i loro covi, l’esercito libanese è sulle loro tracce, pochi giorni fa, tra l’altro. è stato scoperto un covo di questi terroristi poco fuori Tripoli. Malgrado il sostegno economico che ricevono da Paesi come L’Arabia Saudita, non hanno nessuna speranza di poter ripetere l’operazione terroristica effettuata in Siria.
Sono in costante aumento le manovre e le provocazioni israeliane lungo il confine libanese. Secondo lei sono una reazione di sfida o di paura?
Israele non ha mai smesso di provocare e di manifestare la sua prepotenza in ogni forma. Dalla fine del conflitto del 2006 ha compiuto migliaia di violazioni aeree, marittime e terreste, infrangendo la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite. Ma Israele è anche consapevole che la prossima guerra contro Hezbollah sarà molto differente, è pienamente cosciente che la resistenza libanese è molto più armata e preparata rispetto alla guerra del 2006. Gli equilibri sono radicalmente mutati, Israele questo lo vede tutti i giorni e le sue provocazioni oggi rappresentano anche delle paure che non ha mai manifestato prima.
Secondo lei siamo prossimi ad un conflitto che ridisegnerà definitivamente gli equilibri nella regione?
Non credo sia prossimo per vari motivi. Prima di tutto perchè Israele attualmente non è in grado di affrontare un conflitto con Hezbollah, perchè è consapevole che verrebbe immediatamente colpita da migliaia di missili. Altro aspetto importante è rappresentato dal permesso americano che Israele deve avere prima di effettuare qualsiasi attacco. Considerando il non attacco avvenuto in Siria, sarà sicuramente più difficile poter ottenere un permesso per attaccare la resistenza libanese, poichè sono consapevoli di non avere più la forza di affrontarci. Tutti hanno paura di perdere perchè, come detto in precedenza, si sono resi conto che gli equilibri nella regione sono mutati radicalmente, e combattere contro un popolo che ha fede è un’arma che nessun esercito sarà mai in grado di sconfiggere.
di Yahya Sorbello