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Coloni israeliani sradicano alberi di olivo, ecco il nuovo terrorismo

di Cristina Amoroso

Tra le tante attività terroristiche adottate dai coloni israeliani c’è lo sradicamento di alberi di ulivo nei villaggi della Cisgiordania. Come in buona parte dei Paesi mediterranei in ottobre inizia in Palestina la stagione della raccolta delle olive che qui assume un carattere diverso se non altro per la presenza di giovani volontari, che raggiungono i villaggi della Cisgiordania per accompagnare i contadini palestinesi a cogliere i frutti della loro terra ed anche per monitorare, all’occorrenza, lo scempio che i coloni israeliani, spalleggiati dall’esercito, compiono sradicando le piante di olivo appartenenti a cittadini palestinesi, a cui viene impedito l’accesso ai propri oliveti, con aggressioni, minacce e arresti.

Quante piante di olivo, di proprietà palestinese, sono state finora sradicate? Lo comunica un articolo di Jonathan Cook (www.jonathan-cook.net/2013-10-17/the-disappearance-of-palestine), dal titolo: “Perfino la Banca mondiale lo capisce: si sta facendo sparire la Palestina”.

Due recenti immagini ritraggono il messaggio che sta dietro alle secche statistiche contenute nella relazione della scorsa settimana della Banca mondiale sullo stato dell’economia palestinese.

Il primo é un poster del gruppo della campagna Visualizing Palestine, che mostra un’immagine modificata di Central Park, stranamente vuota. Tra i grattacieli di New York, il parco é stato privato dei suoi alberi dalle ruspe. Una didascalia rivela che da quando é iniziata l’occupazione nel 1967, Israele ha sradicato 800.000 alberi di ulivo appartenenti ai palestinesi, abbastanza da riempire 33 diversi Central Park. La seconda, una fotografia ampiamente pubblicata in Israele il mese scorso, è di una diplomatica francese sdraiata per terra, che fissa i soldati israeliani che la circondano, con le loro armi puntate verso di lei. Marion Castaing era stata maltrattata quando lei e un piccolo gruppo di colleghi diplomatici hanno tentato di fornire aiuti di emergenza, tra cui tende, a contadini palestinesi le cui case erano state appena rase al suolo.

Il rapporto della Banca mondiale – continua Cook – è un modo di dichiarare con discrezione quello che la Castaing ed altri diplomatici speravano di evidenziare più direttamente: Israele sta gradualmente eliminando le fondamenta su cui i palestinesi possono costruire una vita economica indipendente e uno Stato funzionante. Il rapporto è focalizzato su quasi due terzi della Cisgiordania, noto come area C, che è esclusivamente sotto il controllo palestinese, e dove Israele ha impiantato più di 200 insediamenti per acchiapparsi la terra e le risorse palestinesi. La preoccupazione della Banca Mondiale riguardo all’Area C è giustificata. Questa è la sede di quasi tutte le risorse che uno Stato palestinese avrà bisogno di sfruttare: terra non sfruttata per costruzioni future, terra arabile e sorgenti di acqua per far crescere i raccolti; cave per estrarre pietre e il Mar Morto per estrarre minerali, e siti archeologici per attirare il turismo.

Con l’accesso a queste risorse, l’Autorità Palestinese potrebbe creare un nuovo reddito di 3,4 miliardi di dollari all’anno, aumentando di un terzo il suo PIL, riducendo un deficit che cresce a vista d’occhio, tagliando le percentuali di disoccupazione che hanno raggiunto il 23%,  attenuando la povertà e l’insicurezza alimentare e aiutando lo Stato alle prime armi a liberarsi della dipendenza dagli aiuti. Nessuno di questi obiettivi si può però raggiungere mentre Israele mantiene la sua presa soffocante sull’Area C in violazione degli accordi di Oslo del 1993.  

E’ il modo di trattare l’Area C che smentisce la dichiarazione di Netanyahu che ha perseguito la “pace economica” con i palestinesi! La realtà, come nota il rapporto, è che non ci possono essere investimenti seri nel cuore economico dell’Aera C fino a quando non finisce il controllo di Israele.

Il vecchio ebreo di Tarso si chiederebbe oggi: chi tra il colono israeliano e il contadino palestinese rappresenta l’olivo e chi l’oleastro?

 

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