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Italia auspica missioni di pace e vende droni Finmeccanica

L’azienda italiana ha vinto un’importante commessa per la missione delle Nazioni Unite di stabilizzazione nella Repubblica democratica del Congo. Un aereo senza pilota Falco, costruito dalla Selex-Finmeccanica. Grande soddisfazione per la Rappresentanza d’Italia presso le Nazioni Unite per l’assegnazione a Finmeccanica di un’importante commessa per la fornitura di un servizio di sorveglianza aerea remota alla Monusco, la missione Onu di stabilizzazione schierata nella Repubblica democratica del Congo.

E’ stato firmato il contratto tra Selex ES, società di Finmeccanica, e il Segretariato delle Nazioni Unite per la fornitura e la gestione di un servizio aereo senza pilota (Uas) costituito da cinque velivoli Uav (Unmanned Aircraft Vehicle) “Falco”, una stazione di controllo a terra, un terminale di gestione dei dati, elementi per il supporto tecnico e logistico e capacità di analisi dei dati raccolti.

Il compito assegnato al sistema Finmeccanica sarà di contribuire al controllo e alla sorveglianza dell’area di operazioni della missione Onu. Sicurezza dei Caschi Blu sul campo e più efficace attività di protezione dei civili da parte della Monusco le ragioni di fondo che hanno indotto le Nazioni Unite ad avvalersi, per la prima volta in una missione di peacekeeping, di aeromobili a guida remota.

Finmeccanica è riuscita a prevalere su una concorrenza agguerrita con il velivolo Falco Uav le cui caratteristiche rispondono pienamente alle particolari esigenze operative dell’Onu nel Paese africano: raggio di azione di 250km, autonomia di volo di almeno 12 ore, sensori che consentono una visione attraverso la vegetazione e in grado di individuare, di giorno e di notte, veicoli e persone a notevole distanza.

La notizia del 2 agosto è riportata dal giornale on line La Voce di New York, mentre Il sole 24 ore aggiunge: … E’ la prima volta che l’Onu utilizza questo tipo di dispositivi in un intervento di peacekeeping, e molti diplomatici sperano che presto i droni potranno essere usati anche nel Sudan del Sud e Costa d’Avorio. Secondo il portavoce delle Nazioni Unite Martin Nesirky, l’attrezzatura “permetterà ai nostri operatori di pace in Congo di monitorare i movimenti dei gruppi armati e proteggere la popolazione civile in modo più efficiente”. Nesirky ha aggiunto che la fornitura “inizierà nelle prossime settimane”.

Lasciamo gli entusiasmi a chi ne trarrà guadagno. Per noi qualche riflessione. A proposito della Finmeccanica.

Si tratta dell’azienda italiana semi-pubblica, attiva prevalentemente nella difesa e nell’aerospazio, il cui maggiore azionista è il Ministero dell’Economia italiano, conosciuta anche per commesse miliardarie ed esuberi dolorosi, sospesa tra le pressioni dell’orticello politico nazionale e la sfida dei mercati globali, seguita benevolmente dalla stampa per la squallida vicenda India -Italia- elicotteri Augusta- inchiesta tangenti- marò.

Si tratta della stessa azienda che ha come presidente l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro voluto il 3 luglio dal Governo Letta, nonostante le proteste dell’opposizione contro la nomina per l’uomo che fu “capo della Polizia ai tempi del G8 di Genova 2001, sottosegretario con delega ai servizi segreti durante il governo Monti”, mentre l’ex capo delle forze armate Guido Venturoni continua nel suo ruolo di vice di un’azienda che in gran parte produce sistemi d’arma e apparecchiature per la difesa.

Si tratta di un classico esempio di “porte girevoli” dove i banchieri diventano ministri del Tesoro (e viceversa) e i militari diventano manager di industrie di stato che trafficano in armi. Tra l’altro questo è quello che prevede l’articolo 48 del decreto legge 69/2013, il cosiddetto decreto del fare. Il comma 1 del provvedimento dice chiaramente che il Ministero della Difesa può svolgere “attività di supporto tecnico-amministrativo ovvero contrattuale, per l’acquisizione di materiali di armamento prodotti dall’industria nazionale anche in uso alle Forze armate e per le correlate esigenze di sostegno logistico e assistenza tecnica”. Che significa? Semplice. Il dicastero di Mauro, attraverso i suoi rappresentanti militari più commercialmente intraprendenti, potrà incoraggiare “l’acquisizione di materiali di armamento” made in Italy, divenendo veri e propri procacciatori di affari per l’industria nazionale. La commistione tra industria militare-  politica- apparati dello stato non può che essere più evidente di così.

Non basta. L’articolo 48 dice molto di più: “i proventi derivanti dalle attività di cui al comma 1, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati ai fondi di cui all’articolo 619” (del codice dell’ordinamento militare). In pratica gli incassi dell’attività di intermediazione di armi da fuoco dovranno essere impiegati esclusivamente per finalità militari. Finché c’è guerra c’è speranza! E’ il caso di dirlo.

di Cristina Amoroso

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