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Kyenge, la “terra di tutti” contro l’identità dei popoli

Identità dei popoli – Razzismo, immigrazione, cittadinanza, omosessualità e così via: sono questi i temi attualmente emergenti in una nazione, come quella italiana, che dimentica quella sua stessa sovranità, politica ma anche monetaria, sottratta gradualmente a tutti gli stati membri di questa Unione Europea.  Era infatti il 1991 quando, nel bel mezzo della realizzazione di quel disegno europeo a cui inneggiava (opponendosi) la stessa giornalista Ida Magli, la cantante Cristina D’Avena cantava “l’Europa siamo noi”, dicendo: “Europa unita la voce della fraternità che tutte le frontiere abbatterà portando un po’ di solidarietà nella nostra vita.. Europa unita”. Ma a quale costo questa unione?

In troppi paesi europei si fa grande il movimento di opposizione alle politiche di immigrazione nel continente. Basta guardare la Francia, dove la stessa Marine Le Pen, leader del Front National, continua a far lievitare il numero di  adesioni al suo stesso partito o alla stessa Grecia dove Alba dorata viene spesso punita per l’ideologia nazionalsocialista con cui si identifica apertamente. Una tendenza, se così possiamo chiamarla, che fa preoccupare ma che troppo spesso viene anche alimentata.

Oramai in Italia vi è in corso il teatrino delle divisioni ed il peggio è che a dividere gli italiani sono frasi o “provocazioni” di un ministro che dichiara di non sentirsi nemmeno italiana.

Cecile Kyenge, eletta ministro per l’Integrazione dal nuovo presidente del consiglio Enrico Letta e dal capo dello stato Giorgio Napolitano, sarebbe il primo ministro di colore della storia italiana, ma lei dice orgogliosa: “Non sono di colore, sono nera”.  La sua è stata fin dall’inizio una posizione chiara e determinata: rivedere la legge Bossi-Fini e la stessa legge sula cittadinanza, abolire il reato di clandestinità, abbattere tutte le barriere favorendo l’immigrazione e facendo dell’Italia il paese dell’accoglienza. Nello stesso tempo però, non poche sono state le risposte indignate di troppi italiani che, scrivendole, hanno chiesto se sia “sufficiente risiedere in un paese per averne di diritto cittadinanza”.

‘L’obiettivo è costruire un mondo dove nessuno deve sentirsi escluso – ha detto la stesso Kyenge ieri a Riace – perché la terra non ci appartiene ma è di tutti”: una frase che ricorda tanto quella di un tunisino sbarcato in Sicilia dopo la rivolta che ha portato alla caduta della dittatura di Ben Alì. “Io sono venuto qui perchè la terra non appartiene a qualcuno – diceva il ragazzo -la terra è di tutti e io sono venuto a respirare l’ossigeno della libertà”. E parlando di libertà, se è proprio vero che quella mia finisce dove inizia la libertà dell’altro, allora a chi giova alimentare e favorire, anche in modo incontrollato, questa eccessiva immigrazione in Europa? Emma Bonino dichiarava che, entro il 2015, serviranno almeno 50 milioni di migranti senza però esporre quelle che sono le reali motivazioni a sostegno della stessa.

Secondo il deputato del Pdl, Fabrizio Cicchitto, “Il ministro Kyenge non può dire: ‘La Terra è di tutti’ quasi che purtroppo o fortunatamente non esistano gli Stati, le cittadinanze, le nazionalità, le economie”. Qui non si parla dunque di “confini geografici” ma di identità dei popoli contro uno dei tanti scopi del piano Kalergi : eliminazione delle nazioni per mezzo dei movimenti etnici separatisti o l’immigrazione allogena di massa. Il tutto “affinchè l’Europa sia dominabile dall‘elite, pretende di trasformare i popoli omogenei in una razza mescolata di bianchi, negri e asiatici”, scriveva  Gerd Honsik.

Ogni popolo ha una sua cultura, le proprie bellezze, le proprie tradizioni diverse o complementari dell’altro: l’auspicio verso un mondo dall’approccio meno bellicoso non è l’abbattimento dei confini o lo ius soli o ancora l’immigrazione forzata i cui interessi sono sempre regolati da pochi, ma è la giusta convivenza ed il giusto rispetto tra realtà diverse. Piuttosto sarebbe molto più sano collaborare per aiutare realmente quei paesi come l’Africa che, nonostante le ricchezze, risultano essere il “terzo mondo” a causa dello sfruttamento delle grandi multinazionali.

Diceva un proverbio “Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno; insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”.

di Redazione

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