Siria: entra in campo la “diplomazia” israeliana
Che il Medio Oriente sia ad un passo da un conflitto di ampie proporzioni si era già percepito da un bel po’, ma gli avvenimenti bellici degli ultimi giorni, o meglio, gli attacchi indiscriminati dei caccia israeliani sulla Siria fanno sospettare che i tempi potrebbero essere ancor più brevi. Partiamo dal conflitto siriano dove ormai si è detto di tutto e il contrario di tutto, ma cosa più importante è che, i protagonisti di questa assurda aggressione, non nascondono più i loro veri obiettivi.
Chi muove le fila di questo attacco al legittimo governo di Assad lo sappiamo benissimo. La “grande coalizione” composta da Stati Uniti, Israele, Francia, Gran Bretagna e Paesi del Golfo, dopo aver svolto le prove generali in occasione delle cosiddette “Primavere arabe”, hanno rivolto le loro attenzioni, spostando armi e bagagli, verso un obiettivo altamente strategico: la Siria.
Le “colpe” di Damasco sono tante, dallo sterminio dell’opposizione interna – questa ormai fa parte della prassi – , al sostegno alla resistenza palestinese, ma cosa ancora più grave è il patto di ferro con i temutissimi Hezbollah libanesi, vero e costante incubo per Israele. Ragion per cui, destabilizzare e occupare la Siria, significa spezzare quell’asse che partendo dall’Iran attraversa l’Iraq, e giunge fino alla roccaforte sciita libanese, punta di diamante dell’asse.
Purtroppo per la “coalizione” anche in Siria i risultati militari sono poco confortanti, per non dire fallimentari. Dopo aver impegnato miliardi di dollari e decine di migliaia di mercenari stranieri, Assad è sempre ben saldo al governo e l’esercito siriano, malgrado i vili attacchi subiti ad opera dei “ribelli”, sta ultimando la bonifica del Paese dalle cellule terroristiche. Questi risultati hanno suscitato oltre che una profonda preoccupazione, anche un certo nervosismo tra i Paesi impegnati, Israele su tutti, e non così difficile capire il perché.
La situazione attuale sul campo ha portato i registi della “coalizione” ad anticipare i tempi sul progetto strategico, quindi, è scattato il via al coinvolgimento del Libano in questo conflitto. Ecco entrare in scena i “ribelli” libanesi, miliziani salafiti già operativi in Siria. Improvvisamente negli ultimi mesi in Libano è tornato il terrore di una nuova guerra civile. Da almeno un anno i gruppi salafiti libanesi affiliati al “Fronte Al Nusra”, si stanno preparando a questo evento, ammassando armi e reclutando mercenari lungo il confine nord.
L’obiettivo principale in Libano è fomentare divisioni interne per far sprofondare il Paese nel caos e quindi, spianare la strada per il tanto sospirato attacco ad Hezbollah, mettendo così in sicurezza il Libano, per la gioia di Israele. Questo piano ha già mosso i primi passi, da diversi mesi i villaggi siriani sul confine abitati da sciiti libanesi, vengono quotidianamente attaccati con lancio di razzi e colpi di mortaio. Questi primi attacchi hanno già provocato la morte di oltre venti civili, suscitando la reazione degli abitanti che hanno deciso di prendere le armi e organizzarsi in Comitati popolari. Su questo legittimo diritto a difendersi da parte di civili, è nata l’accusa infondata di un coinvolgimento militare di Hezbollah nel conflitto siriano. Il Partito di Dio ha smentito ogni tipo di coinvolgimento militare in Siria.
La tensione è salita alle stelle in questi ultimi giorni in occasione degli attacchi aerei israeliani sulla Siria, con la solita ed ormai anacronistica motivazione di aver attaccato convogli carichi di armi diretti alla resistenza libanese. Per chi non fosse a conoscenza, su ogni carico di armi è apposto un enorme cartello dove si specifica la destinazione del carico e il nome della fazione che lo riceverà. Battute a parte, anche in questo caso, è arrivata la secca smentita di Hezbollah: nessun carico di armi della resistenza è stato colpito. In realtà, Israele in Siria, ha colpito un centro di ricerca dell’esercito e alcune postazioni militari. Questi attacchi hanno provocato oltre cinquanta morti e centinaia di feriti, inutile sottolineare il vile e vergognoso silenzio della Comunità internazionale.
La reazione della Siria si è limitata al momento a considerare l’attacco israeliano come una dichiarazione di guerra, e autorizzando tutte le forze armate siriane a rispondere da ora in poi a qualsiasi attacco israeliano. Da registrare solo dei lanci di razzi e colpi di mortaio partiti dal territorio siriano e caduti sulle alture del Golan occupate da Israele, opera forse dei gruppi armati “ribelli”.
Questi attacchi da parte di Israele sono frutto del nervosismo che oramai ha preso il sopravvento. Un nervosismo che spesso nasce dalla paura e dalla necessità di dimostrare minacciando, che Israele può ancora colpire come e quando vuole, manifestando ancora una volta – semmai ce ne fosse bisogno – che l’unica diplomazia che conosce è quella delle armi e del terrore.
Israele ha paura perché è consapevole che gli equilibri nella regione sono drasticamente mutati a suo sfavore: sono finiti i tempi in cui bastavano sei giorni per vincere il nemico. Oggi i nemici di Israele sono molto più forti e, negli ultimi anni, gli hanno fatto conoscere cosa vuol dire la vergogna e il dolore delle sconfitte militari.
Agli israeliani hanno insegnato – anche molto bene – a scrivere la storia, ma non hanno insegnato loro che la storia è una ruota che gira, e prima o poi, bisogna farci i conti. Anche se fa paura.
di Giovanni Sorbello