La “Longa Manus” della massoneria sul Quirinale
Sono in molti a paragonare il Conclave per l’elezione del Papa alla riunione dei grandi elettori per l’elezione del Presidente della Repubblica italiana; sarà per la vicinanza geografica tra la Cappella Sistina e Montecitorio o magari per l’invidia del fatto che la fumata bianca ha una risonanza internazionale che non si può minimamente paragonare al giuramento del nuovo Capo di Stato italiano, fatto sta che i paragoni tra le votazioni papaline e quelle per il nuovo inquilino del Quirinale si sprecano abbondantemente in questi giorni.
Eppure, le due elezioni sono diametralmente opposte; tra le varie differenze, ne scorgiamo una in particolare: nel Conclave la cerchia dei papabili è ristretta ai 115 porporati che compongono il collegio cardinalizio, il nuovo Papa è tra gli elettori che bruciano le schede nel comignolo; invece per il Quirinale, possono essere eletti tutti i cittadini italiani al di sopra dei 50 anni, di sicuro una fascia molto più larga rispetto ai 115 Cardinali vaticani.
E così, è molto più semplice per tutti, far spuntare dal nulla nomi di personaggi “sepolti” politicamente e renderli appetibili ad una vasta platea di persone, in modo da continuare il forte controllo che sul palazzo del Quirinale esercitano poteri forti e potenze estere, che da quando esiste la Repubblica lasciano poco spazio alle manovre politiche interne dei partiti italiani, che appaiono sempre di più invece piegati a volontà decisamente poco democratiche.
In particolare, c’è un filo comune che lega il mondo della finanza con il Quirinale: su 11 presidenti, due sono stati governatori della Banca D’Italia, il primo presidente eletto dal Parlamento nel 1948 era uno di loro, ossia quel Luigi Enaudi esponente del PLI, un partito di nemmeno il 3% ma che nonostante questo ha ottenuto la presidenza della Repubblica; ma l’altro ex governatore della Banca D’Italia divenuto presidente, non ha avuto bisogno nemmeno di appartenere ad un partito.
Infatti, in una sera di maggio del 1999, spuntò fuori dal nulla quel Carlo Azelio Ciampi che, nonostante nella sua carriera non sia mai passato da un’elezione popolare, ha ricoperto tutti gli incarichi politici possibili ed immaginabili: dalla presidenza del consiglio, al ruolo di Ministro dell’Economia del primo governo Prodi, fino appunto all’elezione a presidente della Repubblica nel 1999 al primo turno, con una maggioranza dei due terzi ottenuta senza troppe difficoltà.
Partiamo proprio da Ciampi e dal filo comune che lega le ultime gestioni del Quirinale; Carlo Azelio, se ci si fa caso, tutti i ruoli prima citati li ha ricoperti in un momento particolarmente significativo: l’entrata in vigore del patto di Maastricht, la nascita dell’Euro e la sua complicata transizione. In tutti questi momenti, Ciampi è sempre stato scelto, guarda caso, a ricoprire ruoli delicati: ufficialmente poi, la moneta unica europea nasce nel 1998 e la sua entrata in vigore è fissata nel 2002 ed in mezzo a queste date ecco emergere Carlo Azelio dalle nebbie di una, già all’epoca, frastornata e confusa politica.
Ma chi era, politicamente parlando (visto che è ancora vivo) Ciampi? Non si sa se il suo nome fosse iscritto o meno al gruppo Bildemberg o alla “Trilaterale”, mostruoso gruppo “figlio” dello stesso Bildemberg, ma di sicuro era in ogni caso vicino a queste formazioni: basti pensare che Arrigo Levi, suo addetto stampa all’epoca del Quirinale, era appartenente alla Trilaterale e c’è chi dice che era un vero e proprio suo controllore.
Perché i gruppi finanziari e massoni internazionali hanno sempre avuto un occhio di riguardo al Quirinale? La risposta va ricercata nella modalità di elezione del Presidente, il quale non deve passare per un’elezione popolare e non importa il peso specifico del suo partito e, a dir la verità, non importa nemmeno se ce l’abbia un partito di appartenenza.
Così, ecco che nei momenti di maggior importanza nei piani architettati dalle lobby finanziarie, si garantisce il controllo dell’Italia con un settennato che possa svolgere regolarmente il suo “compitino”.
Cosa c’entra il contesto del 1999, che ha portato all’elezione di Ciampi, con quello odierno? Il filo conduttore è dato dai nomi saltati fuori, in particolare uno: Stefano Rodotà.
Da dove salta fuori questo nome? Rodotà infatti era sparito dalla politica attiva da diverso tempo, era fuori da ogni gioco parlamentare, giusto qualche mese fa, in un altro momento di difficoltà per l’eurozona con un’Italia già commissariata e golpizzata a palazzo Chigi, i media tirano fuori dal cilindro uno dei nomi italiani di maggior spicco della Trilatelare, tanto da farne oggi quasi una sorta di salvatore della patria ed una “speranza di cambiamento”, la cui candidatura viene portata avanti soprattutto da movimenti quali il M5S e SEL, che forse non conoscono il passato del giurista.
Sembra ieri quando il 17 novembre del 2011, l’Italia accoglieva con giubilo quel Mario Monti che poi la storia e le elezioni di febbraio hanno mostrato cosa rappresenti; adesso, si deve correre il rischio di incappare nello stesso gioco di 18 mesi fa? Non è che la crisi dei partiti, a questo punto, sia pilotata dall’alto al fine di offrire nomi in pasto all’opinione pubblica più graditi alle potenze estere sotto forma di eroi nazionali?
Ma oltre a Rodotà, i nomi che corrono sono alcuni legati ugualmente alla Trilatelare ed al periodo precedente che ha portato Ciampi al Quirinale: in primis, Romano Prodi, colui che designò Ciampi al Tesoro nel 1996 e colui che, dopo aver svenduto le nostre aziende alle multinazionali estere, ha permesso nel 1998 l’ingresso dell’Italia nell’Euro, quindi un altro “fedele” amico italiano che potrebbe essere certamente un degno successore di Carlo Azelio e di Napolitano nel garantire gli interessi delle forze lobbistiche interne ed internazionali.
Passando ad altri nomi, anche il designato Franco Marini, che 48 ore fa è andato a dormire da Presidente e si è addormentato da semplice ex Senatore, non è certo un elemento di discontinuità, vista la sua appartenenza ad un’altra lobby, questa volta tutta italiana, tra le più potenti di sempre, ossia il sindacato.
Si parla anche di diversi personaggi la cui limpidezza non è certo il loro miglior pregio, da Massimo D’Alema ad un altro amico degli “europeisti” di ferro come Giuliano Amato, fino ad arrivare addirittura a Luciano Violante, Presidente di quella Camera dei Deputati che, manco a dirlo, ha eletto Ciampi nel 1999.
Insomma, la partita per il Quirinale sembra essere in gioco in cui c’è poco spazio alla dialettica democratica italiana e molto invece agli interessi finanziari e lobbistici internazionali; mentre l’italiano medio guarda inorridito lo spettacolo montato su a Montecitorio, dietro le quinte i giochi sembrano essere già fatti: ancora poche ore ed alla quarta votazione, comunque vada, il nome che verrà fuori segnerà un denso rapporto di continuità con il desolante recente passato della storia italica.