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Siria dopo Assad: uno Stato al collasso diviso tra Israele, America e Turchia

Il 2025 non è stato un anno ordinario nella storia della Siria, perché ha segnato l’inizio di una radicale trasformazione di uno Stato e di un Paese che erano sempre stati descritti come la profondità strategica dei movimenti di Resistenza nella regione – in particolare palestinesi e libanesi – in uno Stato senza sovranità di fronte all’occupazione israeliana, alla concorrenza regionale e al ricatto americano.

Territorio strategico per Asse della Resistenza

Lo Stato che per decenni ha costituito uno dei territori strategici dell'”Asse della Resistenza”, e prima ancora del “Fronte di rifiuto” contro gli Stati Uniti d’America, Israele e gli Stati arabi che li hanno seguiti, si è improvvisamente ritrovato al centro di una scena completamente capovolta: un nuovo presidente con una pesante eredità terroristica, che solo pochi mesi fa era nelle liste internazionali del terrorismo, seduto nello Studio Ovale e accolto con un caloroso benvenuto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump; le forze israeliane che si muovono in Siria e attaccano via terra e via aria senza alcun confronto; e le mappe dell’influenza regionale che cambiano a una velocità sorprendente che ha reso la Siria un’arena aperta per tutti, tranne che per gli stessi siriani.

Questo paradosso inizia con quell’immagine sconvolgente: Trump che ospita alla Casa Bianca Ahmed al-Sharaa (Abu Muhammad al-Julani), ex leader di al-Qaeda in Siria e attuale presidente ad interim della Siria. Una scena che sembrava una chiara dichiarazione che le regole del gioco in tutto il Levante erano cambiate radicalmente.

Meno di un anno fa, il Dipartimento di Stato americano offriva una ricompensa di 10 milioni di dollari per informazioni che portassero alla sua cattura. Al-Sharaa era un “nemico ufficiale” di Washington e un obiettivo dichiarato di un’ampia coalizione internazionale. Ma la caduta del regime del presidente Bashar al-Assad nel dicembre 2024, attraverso un’offensiva guidata da Hayat Tahrir al-Sham con il sostegno di mezzo mondo, lo ha trasformato di fatto nel “nuovo presidente della Siria” e aprendo la porta a una nuova equazione internazionale.

Occidente rimodella immagine di Al-Sharaa

1) Indossare un abito formale invece di un’uniforme militare.

2) Ripetere la retorica di uno “Stato moderno” al posto del vocabolario dell’organizzazione armata, continuando nel contempo i comportamenti di quest’ultima sul campo, commettendo decine di massacri contro componenti del popolo siriano ( l’Osservatorio siriano per i diritti umani indica che più di 11mila civili sono stati uccisi a causa della violenza durante l’anno 2025).

3) Promettere di cambiare la politica estera in cambio di legittimità internazionale, revocare le sanzioni e integrare la Siria nell’economia globale.

Washington vede nell’ascesa di al-Sharaa al-Julani un’opportunità per rimuovere l’influenza iraniana dalla Siria e reindirizzare l’intero Paese verso un nuovo campo, sponsorizzato dagli Stati del Golfo, in particolare dall’Arabia Saudita.

Siria senza sovranità

In questo contesto, uno dei più importanti analisti americani, Marc Lynch, ha spiegato l’essenza di quanto accaduto affermando che Washington “vede l’opportunità di integrare fortemente la Siria post-Assad nel campo americano-del Golfo-israeliano”. Ma cosa ha trasformato la Siria in uno Stato senza sovranità nel giro di pochi mesi?

1) Occupazione israeliana senza scontro: con il crollo del regime del presidente Assad, i vincoli che impedivano a Israele di penetrare direttamente in profondità in Siria sono crollati con esso. Gli attacchi aerei israeliani si sono espansi a un livello senza precedenti e sono emerse segnalazioni di forze speciali israeliane che hanno condotto operazioni limitate vicino a Damasco e nel sud, senza alcuna reazione da parte della nuova Damasco (a parte sterili condanne verbali).

2) Al-Shar’i al-Julani non non vuole uno scontro diretto con Tel Aviv. Piuttosto, fughe di notizie diplomatiche indicano che è pronto per una “normalizzazione graduale” in cambio del sostegno economico e politico occidentale.

Ricatto americano: revoca delle sanzioni in cambio di condizioni politiche

Trump ha revocato le sanzioni “con la forza” attraverso un ordine esecutivo temporaneo. Ma ha lasciato la porta aperta a ulteriori pressioni, dichiarando che una revoca definitiva avrebbe richiesto l’approvazione del Congresso, e che tale approvazione era subordinata a :

1) Migliorare le relazioni con Israele.

2) Garantire il pluralismo religioso e politico.

3) Ridurre l’influenza turca e sbarazzarsi di quello che è noto come il dossier dei combattenti stranieri.

4) Stretta cooperazione militare e di sicurezza con l’America.

La Siria e la guerra più silenziosa e mortale

In conclusione, la Siria del 2025 assomiglia a un Paese uscito da una lunga guerra per poi entrare in un’altra, più silenziosa e letale: una guerra di controllo soft, di smantellamento della sovranità e di ridisegno delle mappe sopra le teste dei siriani. Lo Stato che un tempo era un influente attore regionale, un baluardo contro l’espansione israeliana e un pilastro nelle equazioni del Levante, si è trasformato nel giro di pochi mesi in uno spazio vuoto distribuito tra eserciti stranieri, controllato dalle condizioni americane e su cui l’influenza israeliana si muove incontrollata, mentre il suo nuovo presidente ad interim offre concessioni un tempo ritenute impossibili.

La Siria è diventata un’arena gestita più dall’esterno che governata dall’interno; Ankara, Washington e Tel Aviv si contendono il controllo, mentre le forze locali sono escluse ed emarginate, e il suo futuro è ridotto ad accordi politici ed economici conclusi a porte chiuse. Sebbene Washington promuova una “nuova Siria” aperta e stabile, la realtà indica un’entità fragile con una sovranità ridotta, situata su una linea di faglia geopolitica, e che potrebbe perdere ciò che resta della sua unità se la lotta per il potere continua senza freni.

Le trasformazioni a cui assisteremo non sono la fine del percorso, ma piuttosto il suo inizio. Ciò che ci riservano i prossimi anni potrebbe essere molto più pericoloso se la Siria rimane senza un progetto nazionale unificante, senza una forza in grado di proteggere i suoi confini e senza una leadership che rappresenti il ​​popolo siriano, non potenze straniere. In Asia occidentale, i Paesi che perdono la propria sovranità non la riconquistano facilmente, anzi, potrebbero non riconquistarla mai.

di Redazione

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