Gaza, pulizia etnica è stata sempre prevista

Striscia di Gaza – “Un piano del Ministero della Difesa israeliano discusso durante una riunione, consentirebbe ai gazawi di lasciare volontariamente la Striscia via mare o via aerea […]”. Israele stava conducendo colloqui con il Sud Sudan, la Libia, l’Uganda e il Somaliland. “Fatelo […] è la missione del momento”, ha dichiarato il ministro della Sicurezza nazionale, Ben Gvir.
Il piano del Ministero della Difesa rifletteva il documento programmatico del Ministero dell’Intelligence del 13 ottobre 2023: L’evacuazione della popolazione civile da Gaza, contava sugli Stati Uniti per «aiutare a promuovere l’iniziativa in molti Paesi, anche esercitando pressioni». La linea suggerita da adottare con la popolazione sarebbe stata: “Allah vi ha fatto perdere la vostra terra a causa della leadership di Hamas. Non c’è altra scelta che trasferirsi in un altro luogo”.
Piano israeliano per la pulizia etnica a Gaza non è una novità
Le parole appena lette risalgono al 30 Ottobre del 2023 e si possono ritrovare su +937Magazine. Il piano del regime israeliano per la pulizia etnica a Gaza non è una novità. Dai palestinesi viene considerato come l’ultimo atto della Nakba (catastrofe) del 1948, quando 750mila persone furono espulse dall’appena nato “Stato sionista”. Molti di questi finirono nella Striscia, all’epoca sotto il controllo egiziano.
Nel 1967, quando l’entità sionista decise di occupare Gaza, si iniziò a pensare come mettere in atto la pulizia etnica nella Striscia. Quello che si sente dire oggi non è altro che un ritorno al passato, per la precisione a 60 anni fa. Per rammentare basterebbero le parole di Moshe Dayan, all’epoca ministro della Difesa: “Se espelliamo 300mila rifugiati da Gaza verso altri luoghi la potremmo annettere”. Gli fecero eco il Primo Ministro Levi Eshkol: “Il nostro obiettivo e svuotare Gaza”.
Nel 1968, alcuni israeliani vennero inviati nei centri abitati di Gaza per incoraggiare la partenza spontanea. Tutti i mukthar di Jabalia furono convocati in gruppi nell’ufficio passaporti dove incontrarono un certo Abu Yusef che illustrava i “benefici” del trasferimento.
Risposta negativa
Come c’era da aspettarsi, la risposta dei mukthar fu negativa: “Nessuno avrebbe lasciato la sua casa”.
Fu sempre quel Yusef a metterli dell’avviso che la zona sarebbe diventata “zona militare” e che in un modo o in un altro sarebbero stati costretti ad andare via.
Il 10 Luglio del 1968 ci fu una nuova convocazione dove vennero richiesti i nomi delle famiglie in cui il marito si trovava all’estero: “Donne, bambini e anziani saranno i primi a partire”. Il tutto in barba all’Articolo 49 della Quarta convenzione di Ginevra, firmato dallo stesso Israele che vieta la deportazione dal territorio occupato.
di Sebastiano Lo Monaco



