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Offensiva terrestre: spada della deterrenza, della difesa e del controllo

Le operazioni offensive terrestri rimangono di fondamentale importanza, superando tutte le altre forme di azione militare, indipendentemente da tempo, luogo, mezzi o obiettivo. Nel corso della storia, il campo di battaglia si è evoluto – da trincee, fortificazioni e castelli ad aerei da guerra, missili, carri armati, navi e droni; da eserciti di milioni di persone ai missili di precisione – eppure una verità fondamentale della guerra rimane costante: la vittoria appartiene alla parte che alla fine realizza l’offensiva terrestre decisiva.

Un’offensiva terrestre finale può scoraggiare un aggressore, garantire la difesa e infine liberare il territorio occupato. Senza di essa, indipendentemente dai risultati o dagli obiettivi raggiunti, l’obiettivo primario rimane incompiuto: mantenere l’iniziativa, controllare l’andamento del conflitto e ottenere una vittoria decisiva (come disse il famoso teorico militare prussiano: “La difesa è più forte dell’offensiva, ma l’offensiva è decisiva”).

L’Imam Ali espresse questo concetto nel Sermone 27, che si trova nel Nahj al-Balagha, quando, nel contesto del ricordare alle persone la virtù del jihad, spingendole all’azione e ricordando loro la sua conoscenza della guerra, disse: “In verità, vi ho chiamati a combattere queste persone notte e giorno, segretamente e apertamente, e vi ho detto di attaccarle prima che vi attaccassero. Per Dio, nessun popolo è mai stato attaccato nelle proprie case senza essere umiliato. Eppure siete diventati compiacenti e codardi finché non sono state lanciate incursioni contro di voi”.

Perché è importante l’offensiva terrestre?

Poiché la deterrenza inizia dalla mente – convincendo il nemico che il costo della sua aggressione supera qualsiasi potenziale guadagno – un’offensiva terrestre, che implica la capacità di attraversare le linee, prendere il controllo immediato o permanente di siti e ostacoli vitali e penetrare nelle basi militari, è ciò che conferisce alla deterrenza il suo vantaggio più tangibile. Attacchi aerei, attacchi informatici e potenza di fuoco a lungo raggio contribuiscono e agevolano il raggiungimento dell’obiettivo dell’offensiva.

Quando un movimento di Resistenza dimostra la sua capacità di controllare e difendere il territorio (o quantomeno la sua capacità offensiva terrestre), ridefinisce le debolezze fondamentali del nemico (è ciò che è accaduto nell’operazione Al-Aqsa Flood, quando la Resistenza palestinese ha confermato, a tutti gli effetti, la sua capacità di infrangere la superiorità dell’esercito di occupazione israeliano e di rivelare le sue debolezze e mancanze, la più pericolosa delle quali è la codardia dei suoi soldati e ufficiali, e persino dei suoi più alti funzionari politici).

La dottrina di terra di Hezbollah: trasformare il territorio in forza

Questo principio non è stato messo alla prova più chiaramente che nel caso della Resistenza Islamica in Libano, Hezbollah, soprattutto durante la fase precedente alla liberazione nel 2000. Era il maestro delle operazioni offensive contro siti e obiettivi israeliani e, a partire dall’operazione qualitativa di Dabsha del 1994 (il primo raid filmato contro un sito israeliano), è stato in grado di dimostrare la portata della superiorità offensiva dei combattenti della Resistenza, in contrasto con lo spirito disfattista che prevaleva tra i soldati e gli ufficiali dell’esercito di occupazione israeliano, al punto che alcuni comandanti dell’esercito di occupazione all’inizio hanno negato la notizia dell’operazione in corso, prima che le sue immagini sugli schermi televisivi dimostrassero che si sbagliavano.

Dopo il ritiro di Israele dal Libano meridionale nel 2000, Hezbollah non smantellò le sue difese, ma le trasformò da posizioni puramente difensive in una rete di aree fortificate, tunnel e unità mobili in grado di condurre operazioni sia difensive che controffensive. Pertanto, allo scoppio della guerra nel luglio 2006, questo approccio difensivo-offensivo fu messo alla prova con notevole efficacia. Per 34 giorni, i combattenti della Resistenza lanciarono attacchi contro le forze israeliane che avevano invaso il Libano dalle profondità del confine, infliggendo loro pesanti perdite in termini di personale, carri armati, veicoli blindati e altre attrezzature, e impedendo loro di raggiungere qualsiasi dei loro obiettivi. Da quel momento in poi, l’idea di un’offensiva terrestre nella Palestina occupata iniziò a prendere piede nelle menti dei leader della Resistenza.

di Ali Nour El-Din

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