Charlie Kirk: tra lutto americano e ipocrisia occidentale

Un proiettile al collo ha posto fine alla vita dell’attivista di destra americano Charlie Kirk durante un discorso all’Università dello Utah, trasformando immediatamente l’evento in uno stato di lutto nazionale a Washington.
Kirk, noto per i suoi discorsi a sostegno del nemico israeliano e per la sua ostilità verso arabi, musulmani e palestinesi, è divenuto dopo la morte quello che viene considerato “il problema dei problemi”. L’evento ha attraversato gli oceani, mentre i leader europei hanno espresso il loro dolore e il loro sconforto per la perdita di uno dei volti più in vista che avevano sostenuto i crimini di Israele e il regime americano.
L’intensità della risposta ufficiale e l’indignazione dei media sono arrivate in un momento in cui le attuali politiche americane ed europee di finanziamento e sostegno alla guerra israeliana stanno massacrando civili a Gaza, giustificando al contempo omicidi politici transfrontalieri, l’ultimo dei quali è avvenuto a Doha.
L’uomo occidentale dal doppio volto è tornato a far notizia, con Trump che ha ordinato di ammainare tutte le bandiere governative negli Stati Uniti, descrivendo Charlie Kirk come un “gigante leggendario” e un “martire della verità e della libertà”. I membri del Congresso degli Stati Uniti hanno osservato un minuto di silenzio in sua memoria, che si è rapidamente trasformato in urla e accuse reciproche, in un altro capitolo della profonda divisione americana. Il capo dello staff della Casa Bianca ha descritto Kirk come uno dei “più grandi eroi d’America”. Il vicepresidente degli Stati Uniti ha annullato la sua partecipazione alla cerimonia di lutto.
Omicidio di Charlie Kirk e la suddita Europa
In Europa, rimasta in vergognoso silenzio sul massacro compiuto da Tel Aviv a Gaza, l’assassinio del sostenitore sionista ha scatenato un’ondata di rabbia e condanna. Il Presidente del Parlamento europeo, il Primo Ministro ungherese, il Primo Ministro italiano e voci politiche in Germania e Francia hanno espresso il loro dolore. Questo coordinamento, secondo i commentatori, rivela il pieno sostegno alla narrazione americano-israeliana e la trasformazione dell’evento in uno strumento per reprimere qualsiasi protesta contro i crimini a Gaza.
I media israeliani hanno dedicato particolare attenzione all’assassinio dell’ardente sostenitore della politica israeliana. Netanyahu ha descritto Kirk come un “amico di Israele dal cuore di leone”. Il Ministro della Difesa Nazionale Itamar Ben-Gvir e il Ministro degli Esteri Gideon Sa’ar hanno espresso il loro dolore.
Il quotidiano Yedioth Ahronoth ha scritto che Kirk si è impegnato a mobilitare le giovani generazioni affinché adottassero posizioni filo-israeliane. Israele ha approfittato dell’evento per intensificare gli avvertimenti sul pericolo per i suoi alleati, mentre l’amministrazione americana ha utilizzato la narrazione per dare la colpa alla sinistra radicale.
In questo contesto, il New York Times ha osservato che l’assassinio di Kirk accresce i timori di violenza politica negli Stati Uniti, avvertendo che il Paese è sull’orlo della guerra civile. Il britannico Guardian ha sostenuto che la morte di Kirk dimostra che la violenza politica è diventata una caratteristica della vita quotidiana negli Stati Uniti, mentre la Reuters ha descritto il Paese sull’orlo di un abisso, con gli esperti che mettono in guardia da una “spirale viziosa” di violenza politica.
Ipocrisia occidentale
Al di là della netta divisione americana, i commentatori hanno concluso che la selettività tra il rendere la morte di una figura filo-israeliana una questione importante e transcontinentale – e il silenzio e la giustificazione dei crimini contro il popolo palestinese e i popoli della regione – smaschera l’ipocrisia occidentale.
di Redazione