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Al-Rahi: il patriarca che protegge la corruzione e attacca la Resistenza

Da quando ha assunto la guida del Patriarcato maronita, Bechara Boutros al-Rahi ha cercato di presentarsi come un arbitro tra le forze politiche e settarie del Libano. Tuttavia, l’esperienza ha dimostrato che è più vicino a quel sistema finanziario e politico che ha saccheggiato il Paese per decenni e portato al collasso totale il Libano. Dietro la sua retorica sulla “neutralità” e su uno “Stato forte”, si nasconde una complessa rete di interessi che si estende dalle banche alle scuole cattoliche, da uno stretto rapporto con l’ex governatore della Banca Centrale, Riad Salameh, ad accordi immobiliari e finanziari che coinvolgono i fondi propri del Patriarcato.

Attaccare la Resistenza: un discorso politico, non evangelico

Il Patriarca non ha esitato ad attaccare la Resistenza e le armi di Hezbollah. In un’intervista ad Al Arabiya/Al Hadath, ha affermato: “Non ci sono armi se non quelle dello Stato… e le campagne di istigazione non mi metteranno a tacere! Le parole del Segretario Generale di Hezbollah sono un’esagerazione, e non c’è alcuna guerra civile… Hezbollah è tenuto a consegnare le sue armi allo Stato libanese”. Questa posizione, che ignora le caratteristiche uniche del Libano e le minacce rappresentate da Israele, è più in linea con la retorica di Washington, Riyadh e Tel Aviv che con le preoccupazioni di un popolo che vive in prima linea.

Al-Rahi ha continuato il suo attacco, affermando: “La Resistenza è sottomessa ai dettami iraniani… Hezbollah deve dichiarare la sua massima lealtà al Libano… La comunità sciita è stanca della guerra e vuole vivere in pace… Non ci sono obiezioni alla pace con Israele, quando le circostanze saranno giuste”. Queste affermazioni non sono semplicemente un’opinione religiosa; rappresentano un chiaro allineamento politico contro la Resistenza e contro un’ampia fetta del popolo libanese che vede nelle armi una garanzia della propria esistenza.

Qabalan risponde ad al-Rahi

Le posizioni del Patriarca non sono passate inosservate. Lo sceicco Ahmad Qabalan, ha risposto con una dichiarazione tagliente: “Pace, misericordia e benedizioni di Dio siano su di voi, perché la pace è il tesoro dei profeti… e senza di essa, la chiesa e la moschea non sono valide… e le armi di Hezbollah sono le armi di Dio, e nessuna forza sulla terra può portarle via”. Questa risposta non era solo un messaggio religioso, ma anche politico: attaccando la Resistenza, Bechara si schiera con il progetto americano-israeliano nella regione.

Quanto al discorso di Al-Rahi sulla “neutralizzazione del Libano”, si tratta, in sostanza, di una fuga dalle proprie responsabilità. La neutralità, nel senso da lui proposto, non è altro che una copertura per la normalizzazione dei rapporti con Israele e l’abbandono degli impegni nazionali del Libano. Invece di alzare la voce contro la corruzione e il saccheggio, Al-Rahi ha scelto di alzare la voce contro le armi della Resistenza. Invece di difendere i risparmiatori e i poveri, ha difeso banche e monopoli.

Il pastore e le banche: proteggere il sistema, non i depositanti

Uno dei temi più controversi è la posizione del Patriarca Bechara Boutros Al-Rahi sui fondi e le banche saccheggiate. Nel mezzo di una crisi dei depositi e del crollo della fiducia nel settore bancario, il Patriarca non ha alzato la voce in difesa dei depositanti. Piuttosto, è sembrato fornire copertura alle banche e ai loro personaggi influenti. Non lo abbiamo sentito condannare apertamente il saccheggio sistematico praticato dai banchieri in collaborazione con la classe politica.

Queste posizioni non sono nate dal nulla. Il rapporto che lega il Patriarca al-Rahi all’ex governatore della Banca Centrale, Riad Salameh, non è un segreto. Salameh, accusato a livello locale e internazionale di corruzione e riciclaggio di denaro, ha trovato sostegno morale in Bechara. Invece di essere la voce degli oppressi che hanno perso il loro denaro in banca, il Patriarca è più simile alla voce di un governatore di banca condannato agli occhi dell’opinione pubblica libanese e internazionale. Il suo sospettoso silenzio nei confronti di Salameh è solo un’ulteriore prova che gli interessi del Patriarcato sono intrinsecamente legati alla continuità del sistema finanziario.

Non si può parlare del Patriarca senza menzionare i fondi propri del Patriarcato. Questi fondi, proprietà e dotazioni costituiscono un vasto impero finanziario, privo di qualsiasi reale controllo. In un Paese che soffre di una crisi di fiducia nelle istituzioni, nessuno sa esattamente quanti fondi del Patriarcato siano posseduti o come vengano gestiti. Sono stati investiti a beneficio della società? Sono stati destinati a sostenere i poveri e i bisognosi? Oppure sono stati depositati in banca e utilizzati per consolidare l’influenza politica ed economica della Chiesa? La mancanza di trasparenza desta sospetti, soprattutto se associata al silenzio del Patriarca sui disastri finanziari che hanno colpito ogni famiglia libanese.

Al-Rahi, il patriarca delle banche e non degli oppressi

La questione più grave che circonda il Patriarcato sono i presunti fondi inviati a Israele attraverso canali finanziari o umanitari con il pretesto di “sostenere i cristiani di Terra Santa”. Nonostante la delicatezza della questione, l’assenza di qualsiasi chiarimento ufficiale e trasparente non fa che aumentare i sospetti. Mentre il Patriarca Bechara Boutros parla di “pace con Israele quando le circostanze saranno favorevoli”, ignora il fatto che il nemico è lo stesso che ha distrutto il Libano e commesso massacri contro cristiani e musulmani. Questa retorica equivoca non è affatto rassicurante; riflette piuttosto una disponibilità alla normalizzazione, a spese del sangue dei martiri e dei diritti di palestinesi e libanesi.

In definitiva, Bechara Boutros Al-Rahi non appare come un patriarca per tutti i libanesi, ma come un patriarca del potere e del denaro. Ha protetto le banche, ha coperto Riad Salameh, ha gestito le finanze del patriarcato nell’ombra, ha chiuso un occhio sui fondi inviati a Israele, è rimasto in silenzio sulle agenzie esclusive che depredavano il popolo, per poi emergere per parlare di neutralità e di uno Stato forte.

Il patriarca, che avrebbe dovuto parlare a nome dei poveri e degli oppressi, ha invece scelto di parlare a nome delle banche e dei monopoli. La Chiesa, che dovrebbe difendere gli oppressi, è diventata un ombrello per i corrotti. Quanto al popolo, è stato abbandonato al suo destino, gemendo sotto il peso della povertà e del collasso, mentre il patriarca Rahi lo distrae con discorsi sulla “pace con Israele” e sulla “neutralità del Libano”.

di Redazione

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