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Ebrei americani divisi sul rapporto con Israele

Per gli ebrei americani, Israele non è più considerato il “consenso storico assoluto” come lo era stato per decenni. La convinzione che la sicurezza degli ebrei in Occidente dipenda dalla sicurezza di Israele è stata scossa, e gli atteggiamenti verso la guerra a Gaza e la forma stessa del cosiddetto “Stato israeliano” ne stanno rimodellando la definizione e influenzando direttamente la loro visione del mondo, con molti di loro che si sentono emarginati anche nel mondo.

La guerra che Israele sta conducendo nella Striscia di Gaza, con tutti gli orrori, la fame e la distruzione di massa che sta causando, ha aggravato il divario tra le diverse correnti ebraiche negli Stati Uniti. La generazione più anziana, che si aggrappa all’idea che Israele sia un rifugio per gli ebrei dall’odio, ritiene che i cambiamenti politici negli Stati Uniti potrebbero lasciare questo “rifugio” privo di sostegno politico. La generazione più giovane, che appartiene alla società americana progressista, si trova di fronte a un dilemma morale esistenziale: difendere Israele significa forse rinnegare i valori di uguaglianza e giustizia che fanno parte della loro identità di americani? Questa è stata la domanda centrale che i giornali americani hanno affrontato di recente.

Ebrei divisi

Questa frattura è divenuta evidente in un momento politico profondamente significativo: la vittoria di Zahran Mamedani come candidato del Partito Democratico a sindaco di New York. La città, che ospita la seconda più grande popolazione ebraica al mondo dopo Tel Aviv, ha vissuto un profondo sconvolgimento tra i suoi ebrei. Mentre molti adulti esprimono preoccupazione e timore, i giovani ebrei la considerano un’opportunità per ridefinire il loro legame con Israele e persino per recidere il legame tra gli ebrei americani e Israele.

Ciò che ha colpito di più nella posizione di Mamdani non è stata solo la sua critica a Israele, ma una chiara posizione di principio: non sostiene alcun Paese che valorizzi la cittadinanza su base religiosa o etnica. Questa posizione riflette il cuore della tensione tra il modello di Stato-nazione rappresentato da Israele e la concezione liberale della cittadinanza a cui appartengono gli ebrei americani, che non si considerano una minoranza etnica bisognosa di una “fortezza nazionale”, ma piuttosto cittadini con pari diritti in un Paese multiculturale e multireligioso.

In questo stato di contraddizione, la questione non è più la sicurezza di Israele, ma l’impatto del suo progetto politico sull’identità ebraica all’estero. La prosperità dell’ebraismo americano è stata storicamente legata a principi costituzionali che garantiscono l’uguaglianza tra i cittadini indipendentemente dalla religione o dall’origine, mentre Israele insiste nel definirsi uno “Stato ebraico”, garantendo diritti civili e legali sulla base dell’identità religiosa.

Israele e la sua “morale”

Questa tensione si riflette anche nel rigetto dell’ultimo disegno di legge alla Knesset: una legge che mirava a sancire il principio di uguaglianza nella cittadinanza e a vietare la discriminazione basata su religione, razza o lingua. Questo rigetto non solo evidenzia il crescente divario tra Israele e gli ebrei della diaspora, ma rivela anche una profonda crisi morale in Israele, che si è ritirato dai valori che un tempo affermava di difendere.

La situazione è ancora più complicata se si considera la realtà di Gaza e della Cisgiordania. Milioni di palestinesi vivono senza reali diritti politici, sotto un governo di fatto imposto da Israele attraverso il controllo dei valichi di frontiera, dello spazio aereo, restrizioni alla circolazione di persone e merci e l’abbandono di un’Autorità Nazionale Palestinese inefficace in aree frammentate. Tutto ciò rende l’idea dei “due Stati” un sogno privo di fondamento, sebbene sia stata per molti anni il compromesso che ha unito i sostenitori del sionismo e i sostenitori dei valori liberali.

La mattanza di Gaza

Per molti giovani ebrei negli Stati Uniti, ciò che sta accadendo oggi a Gaza non è più visto come autodifesa, ma come una campagna di distruzione totale contro i civili. Le immagini delle lunghe file per il pane e l’acqua sotto il fuoco dei cecchini non sono solo una tragedia palestinese, ma un “disastro spirituale e morale”, come lo hanno descritto gli attivisti ebrei, perché mettono coloro che difendono Israele nella posizione di dover difendere la fame e i bombardamenti da una popolazione assediata.

Le vecchie affermazioni che equiparano l’antisionismo all’antisemitismo stanno diventando sempre più inefficaci. La nuova generazione di ebrei americani vede questa equazione come nient’altro che un mezzo per mettere a tacere le critiche legittime e teme che l’accusa di antisemitismo serva da copertura per la distruzione dei valori liberali, non da difesa.

di Redazione

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