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Hezbollah: Resistenza come identità

L’esperienza di Hezbollah in Libano rappresenta uno dei modelli contemporanei più significativi per studiare l’evoluzione dei movimenti di Resistenza in un contesto regionale complesso. Questa esperienza, iniziata durante l’occupazione israeliana del Libano nel 1982, non si è fermata ai limiti dell’azione militare tradizionale, ma li ha trascesi per stabilire una dottrina di Resistenza multidimensionale che combina lotta armata, attività politica, lavoro sociale e integrazione logistica e di sicurezza, nonché la sua capacità di interagire con il contesto regionale e internazionale.

Questa Resistenza, nella sua struttura e nel suo comportamento, riflette una comprensione avanzata dei cambiamenti del contesto geopolitico e si sviluppa in linea con la natura mutevole delle minacce, dall’occupazione diretta alla guerra asimmetrica, e dal confronto globale alla guerra di deterrenza e alla gestione dell’equilibrio. Di conseguenza, non si limita alla reazione, ma prende piuttosto l’iniziativa all’interno di un sistema strategico cumulativo di quattro fasi principali: liberazione, deterrenza, fermezza e prontezza.

Da questa prospettiva, è importante far luce su questa esperienza e fornire un quadro teorico e pratico che possa essere adottato per comprendere l’emergere e lo sviluppo della Resistenza, nonché le condizioni del suo successo o fallimento.

Pertanto, Hezbollah viene qui presentato non solo come un movimento di Resistenza militare, ma come un fenomeno politico, sociale e strategico integrato, capace di adattarsi, svilupparsi e continuare a fronteggiare l’esercito sionista, considerato uno degli eserciti più avanzati al mondo.

Primo: una definizione rinnovata di Resistenza

Hezbollah non è un’opzione circostanziale o una reazione momentanea, bensì una necessità difensiva esistenziale direttamente connessa all’essenza dell’identità, alla dignità del gruppo e alla sovranità del territorio e della volontà. Esso, infatti, va oltre la tradizionale azione militare per formare una struttura psicologica, sociale e politica integrata che esprime un rifiuto radicale dell’occupazione e incarna la volontà di non arrendersi all’egemonia, nemmeno all’ombra di un chiaro squilibrio di potere. In questo senso, la Resistenza diventa un mezzo strategico per preservare la dignità collettiva e salvaguardare l’identità attraverso la continuità e la fermezza, anche nelle circostanze più buie, senza attendere una vittoria rapida o definitiva, ma piuttosto accumulando la capacità di affrontare e sopravvivere.

Secondo: I quattro casi di Resistenza

1 – Liberare e conquistare: liberazione completa

La prima fase dell’emergere della Resistenza è nota come “liberazione e vittoria”, secondo il discorso del Segretario Generale di Hezbollah, lo sceicco Naim Qassem, e si riferisce alla fase di completa liberazione che fu chiaramente incarnata nell’esperienza della Resistenza Islamica durante il periodo dell’occupazione israeliana del Libano meridionale (1982-2000). Questa fase fu caratterizzata da un’occupazione militare diretta, accompagnata da un efficace sostegno regionale, in particolare da parte della Repubblica Islamica dell’Iran e della Repubblica Araba Siriana, e da un ampio sostegno popolare da parte dell’ambiente sociale. La missione centrale in questa fase fu quella di liberare il territorio adottando tattiche di guerriglia e operazioni di qualità che sfinissero il nemico e lo rendessero incapace di continuare.

Hezbollah aderì a una serie di controlli, come il mantenimento del sostegno popolare, l’evitare di scivolare in scontri imprevedibili e il coordinamento logistico con gli alleati regionali, che contribuirono alla continuità dell’azione di Resistenza. Questa fase ha aperto la strada alla fase di deterrenza, soprattutto nel periodo che va dall’aprile 1996 al luglio 2006, quando Hezbollah ha accumulato esperienza e capacità e ha dimostrato la fattibilità del lavoro organizzato a lungo termine, fino a quando è emerso il modello più importante per l’attuazione di questa situazione con la liberazione del Libano meridionale nel maggio 2000, ottenuta senza negoziati o concessioni, creando un precedente nel conflitto arabo-israeliano e ripristinando la considerazione di Resistenza come mezzo efficace di liberazione.

2 – Combattere e scoraggiare: imporre un equilibrio del terrore (guerra del luglio 2006)

La guerra del luglio 2006 ha ampliato per la prima volta l’equazione della deterrenza reciproca bombardando i territori occupati e prendendo di mira le principali città all’interno dell’entità, come Haifa, e le principali città del nord.

La seconda fase della Resistenza incarna la fase di “combattimento e deterrenza”, che seguì la liberazione fino al 2006. Le fattorie di Shebaa e le colline di Kfar Shuba rimasero sotto occupazione israeliana e la minaccia militare del nemico continuò nonostante il suo ritiro dalla maggior parte dei territori libanesi. In questo contesto, la Resistenza si trasformò da progetto di liberazione sul campo a progetto di deterrenza strategica, il cui obiettivo era impedire al nemico di lanciare nuovi attacchi attraverso lo sviluppo di avanzate capacità missilistiche e di intelligence in grado di danneggiare il fronte interno israeliano.

Durante questa fase, Hezbollah si concentrò sull’adozione di rigidi controlli, in particolare sulla segretezza delle fortificazioni e sulla diffusione delle armi, e sull’equilibrio della deterrenza che impedisce l’escalation in una guerra globale a meno che non sia il nemico a iniziarla. La relazione di questa fase con le fasi precedenti e successive risiede nel fatto che costituisce un ponte protettivo per le conquiste della liberazione e fornisce un trampolino di lancio per qualsiasi nuova fase di Resistenza. Questa fase culminò in un modello applicato estremamente importante rappresentato dalla guerra del luglio 2006, dove la Resistenza riuscì a imporre un’equazione di deterrenza reciproca, obbligando Israele ad adottare misure preventive per ogni futura avventura militare contro il Libano.

3 – Resistere e prevenire: resistere all’aggressione (Battaglia dei forti)

La terza fase dello sviluppo della Resistenza nel modello libanese è “perseverare e resistere”. Questa è la fase che si attiva quando la Resistenza è sottoposta a un’aggressione globale o a un attacco su larga scala, come accadde durante la Battaglia dei Primi Guerrieri. In questa fase, l’obiettivo non è ottenere una vittoria militare convenzionale, ma piuttosto ostacolare gli obiettivi strategici del nemico e impedirgli di ottenere vittorie decisive sul campo di battaglia o sul piano politico.

Questa situazione richiede un elevato livello di preparazione per una fermezza a lungo termine, mantenendo al contempo un livello minimo di forza effettiva e intensificando gli strumenti di guerra psicologica per confondere l’avversario e risollevare il morale dell’opinione pubblica nazionale. I controlli di base sono la difesa graduale, la capacità di assorbire i colpi e la continua trasmissione di messaggi di forza nonostante i bombardamenti o l’assedio. La relazione tra questa fase e le altre è evidente nel fatto che la fermezza rappresenta un ponte necessario per ricostruire le capacità, riprendere la deterrenza o procedere nuovamente verso la liberazione. Il modello pratico di questo tipo di Resistenza è emerso chiaramente quando è riuscito a continuare il confronto militare nonostante i bombardamenti aerei e la distruzione, e ha impedito al nemico israeliano di raggiungere i suoi obiettivi, sia nell’occupare nuove aree che nell’eliminare la struttura di Resistenza.

4- Siate pazienti e restate pronti: costruire in un periodo di difficili pressioni politiche e internazionali

Il quarto scenario, “pazienza e prontezza”, rappresenta la fase successiva agli scontri diretti. Si attiva in un contesto di relativa calma, accompagnato da pressioni politiche interne ed esterne per disarmare la Resistenza, come testimoniato in Libano dopo la Battaglia dei Primi Guerrieri. In questa fase, l’obiettivo potrebbe non essere quello di condurre operazioni militari, ma piuttosto di rafforzare l’ambiente che sostiene la Resistenza e migliorarne la preparazione. Qui, la Resistenza svolge un duplice ruolo: in primo luogo, proseguendo i preparativi militari in modo segreto e organizzato (sviluppando capacità missilistiche, costruendo tunnel e modernizzando le reti di comunicazione); e in secondo luogo, trasformandosi in un attore sociale che fornisce servizi sanitari, educativi e sociali, rafforzando la sua legittimità popolare e fornendo copertura civile per la sua continuità.

Questa fase è essenziale per preservare e ripristinare l’equazione della deterrenza e fornire un’infrastruttura in grado di assorbire i colpi in qualsiasi futuro scontro. Il modello di questo scenario è evidente negli sforzi compiuti da Hezbollah dopo la guerra per rafforzare la propria sicurezza e le proprie capacità sociali, che lo hanno reso più preparato e sostenibile in un contesto caratterizzato da turbolenze politiche e di sicurezza.

Terzo: la relazione cumulativa tra i quattro casi

L’esperienza dimostra che una Resistenza efficace non segue una curva ascendente fissa, ma sviluppa i suoi strumenti passando da quattro stati:

Liberazione – Deterrenza – Perseveranza – Prontezza. Questo è un ciclo che si riproduce con eccezionale flessibilità attraverso la costante interazione tra la Resistenza come entità attiva e la società che la sostiene, che interagisce costantemente con la Resistenza e costituisce una leva di supporto continuo per essa, rafforzando così la volontà di lottare in modo permanente.

Ogni situazione richiede una tattica diversa, ma è alimentata da una “visione olistica” che vede la resistenza come un mezzo per proteggere la terra e la dignità, non solo come uno strumento di combattimento .

Quarto: le considerazioni strategiche che governano Hezbollah

  • La legittimità di Hezbollah: la Resistenza gode di legittimità morale e giuridica da un’ampia base popolare nella società libanese.
  • Flessibilità operativa: transizione graduale tra operazioni tradizionali e non tradizionali.
  • Integrazione della dimensione militare e sociale: dove la Resistenza gestisce al meglio la situazione sociale del suo ambiente e del suo pubblico e rafforza la sua capacità di Resistenza.
  • Disciplina strategica: nonostante le provocazioni (assassinii – attacchi in profondità), la Resistenza non si è lasciata trascinare in uno scontro aperto e non calcolato.

di Redazione

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