Resistenza: dobbiamo agire, non solo per sopravvivere

Che sia oggi, ieri, domani o dopodomani, le discussioni e i dibattiti sulla Repubblica Islamica dell’Iran continueranno – e devono continuare. Questi non sono tempi normali. L’ordine regionale è in fase di rimodellamento e la Repubblica Islamica, in quanto pilastro centrale dell’Asse della Resistenza, è sottoposta a costante esame e pressione. Le conversazioni devono andare oltre l’analisi superficiale ed esaminare a fondo gli eventi degli ultimi 18-19 mesi, tra cui la guerra a più livelli contro Gaza, le battaglie psicologiche, economiche e di intelligence contro l’Iran.
Chi è coinvolto in queste discussioni deve prima comprendere la dura realtà della guerra, chi sta combattendo chi, chi è rimasto fermo e chi è sceso a compromessi o ha tradito. L’obiettivo dovrebbe essere chiaro: smascherare le false narrazioni, identificare i veri nemici e rafforzare l’unità dell’Asse della Resistenza. Siamo in una fase di guerra cognitiva e ibrida, in cui la distorsione, la disinformazione e le operazioni psicologiche sono pericolose quanto i missili.
I prossimi decenni non faranno che intensificare queste sfide. Il sistema egemonico globale, guidato dagli ebrei degli Stati Uniti e dal suo rappresentante sionista, tenterà di ridefinire i discorsi islamici, regionali e rivoluzionari. Inietterà idee per indebolire identità, ideologia e Resistenza. È quindi dovere di studiosi, voci mediatiche, pensatori della Resistenza e attori politici portare avanti la linea di difesa non solo con le armi, ma con consapevolezza, ideologia e controllo narrativo.
Resistenza: comprensione strategica e chiarezza ideologica
Non basta semplicemente simpatizzare per la causa palestinese. Ciò che serve è una posizione forte, radicata nella Wilayat al-Faqih, nella Rivoluzione, in movimenti di Resistenza come Hamas e Jihad Islamico palestinese; una comprensione strategica della regione e chiarezza ideologica. Non dobbiamo cadere nelle trappole dell’inquadramento settario, dell’ingenuità geopolitica o dell’intossicazione mediatica. La nostra risposta deve essere indipendente, radicata nella fede, informata dalla verità e impegnata a difendere la Repubblica Islamica e l’intero Asse della Resistenza: Palestina, Libano, Yemen, Siria, Iraq e oltre, che si tratti delle questioni dei musulmani del Kashmir, dell’India o del Myanmar.
Questo non è solo uno scontro politico. È uno scontro di civiltà tra un campo che crede nella dignità, nella giustizia e nell’ordine divino e uno che cerca la sottomissione, il caos e l’occupazione. Ricordiamolo: ogni silenzio, ogni compromesso e ogni risposta ritardata è una vittoria per gli oppressori. Dobbiamo agire, non solo per sopravvivere, ma per condurre una vita onorevole!
di Redazione