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Gaza: 100mila combattenti aspettano Israele

Da almeno tre settimane Israele parla di una imminente offensiva di terra su Gaza. Nonostante i tentativi del regime israeliano di progettare un fronte unito e una forte presenza militare, gli eventi recenti indicano che l’esercito israeliano e il suo governo sono alle prese con sfide interne a seguito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre. 

Le tensioni stanno aumentando all’interno delle forze israeliane, in particolare tra i leader di alto rango. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, in particolare, ha dovuto far fronte alle richieste di dimissioni da parte di vari politici e coloni israeliani. Come riportato lunedì dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, tre ministri israeliani stanno valutando le dimissioni per “ritenere Netanyahu responsabile” del recente attacco palestinese. 

Anche i militari trattano con freddezza il primo ministro. Un video condiviso online mostra Netanyahu confrontarsi con un soldato israeliano durante la sua visita ad una base nella regione meridionale dei territori occupati. Si è potuto sentire il soldato esprimere forti critiche, affermando: “Hai massacrato tutti i miei amici! Hai portato la rovina su Israele”, mentre un altro soldato tentava di impedirgli di avvicinarsi a Netanyahu.

Un regime che vacilla

La spaccatura tra politici israeliani e ufficiali militari sembra aver già messo a dura prova la mentalità dei soldati del regime. I media ebraici hanno riferito che quattro soldati israeliani si sono tolti la vita da quando il movimento di Resistenza di Hamas ha scosso i territori occupati con un attacco a sorpresa. Nei giorni scorsi, diversi esponenti militari israeliani hanno messo in guardia il regime dal lanciare una reale offensiva di terra a Gaza. 

Yigal Carmon, un ex colonnello di Amman che in precedenza ha servito come consigliere di due primi ministri israeliani, è tra le figure ben note che mettono in guardia il regime israeliano da un simile attacco. “Non abbiamo abbastanza informazioni sulla situazione sul terreno e le nostre forze non sono state sufficientemente addestrate”, ha dichiarato durante un’intervista alla televisione israeliana la settimana scorsa, aggiungendo che attaccare Gaza sul terreno potrebbe ritorcersi contro e trasformarsi in una crisi ancora più grande rispetto a quella che il regime sta già attraversando. 

Gli Usa contro invasione di terra

Anche gli analisti militari americani hanno cercato di mettere in guardia Israele. “Tel Aviv devre rifiutarsi di cadere nella trappola che Hamas ha teso”, hanno scritto venerdì su MSNBC, Edward Story, un ufficiale di fanteria dell’esercito americano in pensione, e Dennis Aftergut, un ex procuratore federale.

Anche gli alti funzionari americani hanno espresso le stesse preoccupazioni. Il capo del Pentagono Lloyd Austin ha annunciato lunedì che un’invasione israeliana di Gaza sarebbe “estremamente difficile”. 

Oltre all’evidente demoralizzazione tra i soldati israeliani e al crescente divario tra l’esercito e il governo israeliano di estrema destra, fattori pratici sul terreno complicano ulteriormente e ostacolano la possibilità di un’offensiva a Gaza per il regime israeliano.

I combattenti della Resistenza palestinese sono noti per la loro intricata rete di tunnel sotto Gaza. Questi tunnel, che secondo quanto riferito raggiungono una profondità di almeno 100 metri, rappresentano sfide significative per le forze israeliane che hanno una conoscenza limitata del terreno sotterraneo. Alcuni hanno tracciato parallelismi tra questa situazione e la battaglia di Stalingrado del 1942 durante la seconda guerra mondiale, dove la Germania, nonostante avesse più forze dell’Unione Sovietica e possedesse un equipaggiamento superiore, lottò per superare la preparazione e l’abilità dell’Unione Sovietica nella guerra sotterranea. La battaglia di Stalingrado provocò la perdita di circa 1,2-2 milioni di vite umane.

Gaza, pronti 100mila combattenti

Si ritiene che almeno 100mila combattenti di Hamas stiano aspettando l’ingresso delle forze israeliane a Gaza. Tuttavia, se Israele decidesse di invadere il territorio, potrebbe non solo confrontarsi con Hamas ma anche affrontare un nemico ancora più grande: il movimento di Resistenza libanese guidato da Hassan Nasrallah, che secondo molti analisti si unirà al conflitto in caso di invasione di Gaza.

Dal 2006, Hezbollah rappresenta la principale fonte di preoccupazione di Israele. Tuttavia, le sue capacità militari si sono notevolmente evolute rispetto al loro ultimo confronto. Hezbollah possiede ora decine di migliaia di potenti missili, in grado di aggirare il sistema di difesa Iron Dome e colpire qualsiasi punto all’interno dei territori occupati. È improbabile che la presenza di duemila marines americani che “galleggiano” nel Mediterraneo, mantenendosi prudentemente lontani dalla costa, fornisca un aiuto significativo a Israele se Hezbollah decide di scatenare una raffica di missili sui territori occupati.

Inoltre, la possibilità che si aprano ulteriori fronti contro Israele in Siria e Yemen aumenta la complessità. Entrambi i Paesi possiedono forze ben equipaggiate, alla pari di Hezbollah, il che aumenta le sfide che Israele dovrebbe affrontare su più fronti.

Nel complesso sembra che le menti di Hamas abbiano fatto sì che Israele si trovasse intrappolato tra l’incudine e il martello. Il regime deve lanciare un’offensiva su Gaza per rimediare all’umiliante sconfitta militare e all’intelligence del 7 ottobre, ma ciò potrebbe portarlo in una crisi ancora più grave. Anche se Israele riuscisse a superare le sue sfide militari e invadere Gaza, la lotta dei palestinesi per la liberazione nazionale non finirà con i bombardamenti o le invasioni. 

di Mona Hojat Ansari 

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