Sudan, conflitto potrebbe innescare crisi di rifugiati
L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha avvertito che lo spargimento di sangue in Sudan potrebbe causare la partenza di 800mila persone verso i Paesi vicini.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, ha dichiarato lunedì scorso che l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) si sta preparando, insieme a governi e partner, “alla possibilità che oltre 800mila persone possano fuggire dai combattimenti in Sudan per i Paesi vicini”.
“Speriamo che non si arrivi a questo, ma se la violenza non si ferma vedremo più persone costrette a fuggire dal Sudan in cerca di sicurezza”, ha scritto Grandi su Twitter.
Dopo gli attacchi aerei nella capitale Khartoum, domenica l’Onu e altri attori internazionali hanno chiesto ancora una volta ai generali Abdel Fattah al-Burhan e Mohamed Hamdan Daglo di accettare un altro cessate il fuoco di 72 ore.
Un Sudan da spartire
La situazione in Sudan si è aggravata a causa dei disaccordi tra il capo dell’esercito, Abdel Fattah al-Burhan, che è anche a capo del Sovereignty Council al potere, e il capo delle forze paramilitari di supporto rapido (RSF), Mohamed Hamdan Dagalo (noto come Hemedti), che è il vice di al-Burhan nel consiglio.
I principali punti di contesa tra le due organizzazioni militari sono legati alla tempistica e ai metodi di formazione delle forze armate unificate del Sudan, nonché a chi dovrebbe diventare il comandante in capo dell’esercito: un ufficiale militare di carriera, che è l’opzione sostenuto da al-Burhan, o da un presidente civile eletto, come insiste Dagalo.
Il 15 aprile, gli scontri tra le due Forze sono scoppiati nei pressi di una base militare a Merowe e nella capitale Khartoum, e sono continuati nonostante un precedente cessate il fuoco. Secondo il ministero della Salute del Paese, più di 600 persone sono state uccise dall’inizio del conflitto.
di Redazione