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Italia e Turchia, un gemellaggio tra affari e autoritarismo

Italia e Turchia – La notizia che ha fatto il giro del mondo è stata quella dell’ingresso, ormai certo, nella Nato della Finlandia e della Svezia. Ingresso ottenuto grazie a due concessioni fatte al sultano di Ankara: una lista con i nomi dei terroristi curdi presenti in territorio svedese e finlandese e la cessazione dell’embargo sulle armi turche.

E l’Italia?

L’Italia, per bocca del ministro Di Maio si è detta certa che niente di tutto questo accadrà. Roma, ha dichiarato il ministro degli Esteri, garantirà che nessuno verrà estradato verso la Turchia. Come questo possa essere garantito da un Paese senza credibilità internazionale come l’Italia rimane un mistero. L’Italia, soprattutto il premier Mario Draghi, ha stretto nuovamente i rapporti con l’alleato turco. Rapporti militari, economici, diplomatici così profondi ed importanti da andare al di là della semplice “Real Politik”.

La lista delle estradizioni sono state consegnate dal ministro della Giustizia Bozdag ai primi ministri svedesi e finlandesi. Le estradizioni dovrebbero essere 45 ufficiali e 73 ufficiose, il tutto mentre la Corte di appello affibbiava la condanna ad una multa di 2.300 euro per il partito di opposizione Chp, colpevole di aver criticato l’ex ministro delle Finanze nonché ex genero di Erdogan per la scomparsa di 128 miliardi di dollari dai fondi della Banca Centrale.

Italia e Turchia rapporti mai in bilico

Se quella frase dal sen fuggita potesse far pensare alla fine di un’amicizia storica, i fatti hanno dimostrato il contrario perché la collaborazione tra Roma e Ankara non ha mai corso nessun pericolo. A parlare, come sempre in questo caso, sono i numeri: 2,68 miliardi di export italiano solo tra il mese di gennaio e marzo, con un incremento del 23%, 3,1 miliardi di import turco in Italia con un +33,4% nei primi tre mesi dell’anno. Nei giorni scorsi, il nuovo vertice si è chiuso con due nuovi accordi e cinque protocolli, con una conferenza stampa congiunta di Draghi ed Erdogan con tanto di ministri in parata per apporre firme nel loro settore di competenza.

Protezione delle informazioni, consultazioni politiche istituzionalizzate, formazione, cooperazione scientifica, progetti di protezione civile, sviluppo sostenibile, collaborazione tra micro e medie imprese, treni ad alta velocità. Questo è quanto raccolto da ambedue le parti durante il summit. Una collaborazione mai tanto attiva, che si dimostra solida e fa dimenticare la democratura istaurata da Erdogan che negli ultimi vent’anni.

Mentre Draghi si mostrava con Erdogan e firmava alleanze, ad Ankara, tre giornalisti venivano arrestati durante una protesta contro i 16 arresti di reporter accusati di terrorismo. Il tutto mentre i paesi democratici si abbassano la maschera e fanno finta di non vedere.

La corruzione in Turchia

Economia clientelare, progetti strutturali in mano a parenti e amici, gare d’appalto pilotate, scandali fiscali, neoliberismo sfrenato, un mix mortale che ha sventrato le casse dello Stato e provocato una crisi economica ferocissima. Non dimentichiamo le epurazioni e sostituzioni nei posti di comando, dell’educazione, magistratura, forze dell’ordine, pubblica amministrazione con gente proveniente dall’Akp, il partito di Erdogan. Separazione dei poteri, nei fatti, ormai cancellata.

Il sultano, sotto gli occhi di tutta l’Europa che gli stringe la mano, ha censurato la libertà di espressione che ha portato la Turchia al terzo posto per il numero di giornalisti presenti in carcere.

di Sebastiano Lo Monaco

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