Nagorno – Karabakh, russo diventa seconda lingua
Dopo gli scontri dello scorso novembre, il Nagorno – Karabakh è ancora oggetto di discussione. Infatti, dopo aver ottenuto l’indipendenza nel 1991, la più comunemente nota come Repubblica di Artsakh è stata legittimamente riconquistata dall’Azerbaijan. Un intervento che per molti sembrava essere disatteso e spiazzante, ma che per altri è più che giustificato.
Pochi giorni fa, il parlamento di Yerevan (capitale dell’Armenia) ha ufficializzato la notizia: è stata approvata la proposta di legge di inserire il russo come seconda lingua ufficiale della popolazione di etnia armena del Nagorno – Karabakh. Infatti, dopo l’economia e la politica, l’altra questione fondamentale è proprio quella etnica.
In queste ultime vicende, che hanno visto protagoniste l’Armenia da una parte e l’Azerbaijan dall’altra, la Russia ha svolto il ruolo di peacekeeper. Per questo motivo il leader armeno Arayik Harutiunian afferma che dare alla lingua russa questa importanza potrebbe legare la Russia e l’Armenia economicamente, militarmente e culturalmente. Oltre che riconoscere la continuità dei rapporti che questi Paesi hanno intrecciato nella Storia, tale provvedimento faciliterebbe anche la comunicazione con i soldati russi che si trovano nella Repubblica di Artsakh dagli ultimi mesi del 2020 a causa degli aspri conflitti.
Terra di mezzo tra Armenia ed Azerbaijan
Il Nagorno – Karabakh, letteralmente giardino nero montuoso, è una terra di mezzo tra Armenia ed Azerbaijan. Si trova sul Caucaso, nell’altopiano armeno, ed è una regione ricca di gas e petrolio. La Repubblica di Artsakh, indipendente dal 1991, era nota come Oblast’ Autonoma del Nagorno Karabakh, provincia dell’Unione Sovietica all’interno della Repubblica Socialista Sovietica Transcaucasica (di cui facevano parte Georgia, Armenia e Azerbaijan), e successivamente inglobata nella Repubblica Socialista Sovietica Armena. Sono da riscontrarsi qui, proprio all’origine della divisione di questi luoghi, le cause che portano ancora oggi questi territori a darsi la caccia e a farsi la guerra.
La Russia, da sempre nel gioco, rientra nella seconda metà del 1700 quando estese i suoi domini nella regione Transcaucasica, attraverso guerre con l’Impero ottomano e persiano, per lo sfruttamento dei bacini petroliferi. Da allora, Mosca non lascerà più la presa.
Intervento russo nel Nagorno – Karabakh
Recentemente, dopo gli scontri del 2016, il 27 settembre 2020 l’Azerbaijan torna a colpire il Nagorno – Karabakh. All’inizio di novembre le truppe azere assalgono la cittadella di Shusha, sotto il controllo armeno, ed è proprio con questo attacco che la situazione sembra farsi sempre più seria. I colpi si intensificano e l’Azerbaijan colpisce anche i mezzi russi, mediatori, fino a quando Putin si esporrà per dare l’ultimatum ad Aliyev, presidente azero: se dopo aver preso Shusha Baku non si ritira, la Russia interverrà militarmente.
L’Azerbaijan ha riconquistato la maggior parte del territorio del Nagorno – Karabakh rivendicando la questione etnica: molti azeri erano rimasti in terra armena dopo gli scontri del 1994, senza poter far ritorno a Baku. Per questo motivo lo spartiacque sembra essere davvero netto. Dall’altro lato, molti armeni si sono ritrovati dalla parte sbagliata del confine, decidendo di bruciare case e attività pur di non lasciarle nelle mani del nemico.
Oggi, moltissimi cittadini di Artsakh hanno deciso di spostarsi in Russia dopo la riconquista del Nagorno – Karabakh da parte dell’Azerbaijan. La presenza russa nel Nagorno è aumentata notevolmente dopo i sei mesi di combattimento attorno e nella regione. Sette distretti sono passati nelle mani degli azeri dopo trent’anni di controllo armeno, ma duemila soldati russi sono disposti lungo il corridoio che segna il confine tra i territori.
Dopo che la notizia della lingua russa è stata ufficializzata nel Nagorno – Karabakh armeno, l’Azerbaijan ha ritenuto necessario esprimere la sua opinione sostenendo che nella parte azera l’unica lingua ufficiale è e sarà sempre l’azero.
di Marzia Cotugno