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Giovani italiani, uno su tre ancora a casa con i genitori

Per i giovani italiani i dati Eurostat disegnano uno scenario inquietante ma non per questo imprevisto. Per la prima volta è calato il numero degli under 35 che vive ancora con i genitori e se è vero che questo dato potrebbe essere visto in modo positivo, a leggere attentamente i freddi numeri c’è poco da esultare: l’Italia rimane al penultimo posto in Europa.

Nel 2016, rileva Eurostat, la quota è del 66%, in calo rispetto al 67,3% del 2015. Il primato, va detto, è però comunque poco confortante; l’Italia infatti conserva il penultimo posto in Europa, davanti soltanto alla Croazia dove il dato si attesta al 72,3%. Detto in parole semplici, in Italia soltanto un giovane under 35 su tre riesce ad uscire di casa e se si guardano le cifre di altre nazioni, quelle del nord Europa ad esempio, il gap è impressionante. Non solo la media Ue si ferma nel 2016 al 48,1%, venti punti sotto di noi, ma in Paesi come la Danimarca scende fino al 19,7%. Dati analoghi anche in Finlandia (20%) e Svezia (24,9%), numeri impressionanti che danno l’idea di uno scollamento tra la politica e le esigenze della popolazione più giovane, ma anche un’idea dell’immensa distanza culturale che vige tra i vari Paesi dell’Unione Europa.

Se è vero che i giovani italiani sono stati sempre bistrattati non solo dalla politica che li ignora del tutto, vedendoli come un peso più che una risorsa, è ancor più vero che i politicanti non hanno fatto nulla per nascondere il profondo disprezzo per quella fascia di popolazione distante da loro.

Non pochi sono stati i ministri, a partire da Padoa Schioppa, ministro dell’Economia del governo Prodi, che definì i giovani italiani dei “bamboccioni”, a seguire fu il turno della Fornero che li definì “choosy”, ossia schizzinosi nel cercare il posto di lavoro: come se pretendere un’attività lavorativa dignitosa, equamente retribuita, non sfruttata e magari competente con gli studi effettuati, sia un qualcosa di schizzinoso e indecente; ultimamente è stato il ministro per il Lavoro Poletti a suggerire ai giovani di andare a giocare al calcetto invece di inviare curriculum, in quanto vi sono più possibilità di conoscere persone e quindi di ottenere una buona parola. Insomma si fa all’italiana.

E se in Europa affermazioni del genere avrebbero fatto non solo dimettere i diretti interessati, ma messo a serio rischio la tenuta dei governi, in Italia tutto è passato via in un attimo nelle migliori tradizioni tricolori: tanta indignazione e poi il sonno della ragione.

Tornando alla situazione dei giovani italiani e al confronto con i loro pari età europei si nota che guardando alla fascia 25-34 anni, ovvero quella nella quale si dovrebbe cercare lavoro e uscire da casa dopo aver terminato gli studi, in Italia la percentuale è al 49,1%, in calo sul 2015 ma ancora lontana da quella Ue (28,6%). In questo caso il confronto con gli altri Paesi, ripulito da una componente fisiologica di studenti, è quasi drammatico. Nelle nazioni europee, eccezion fatta per l’Italia, la vita in famiglia è un ricordo; analizzando i dati con i Paesi del nord Europa c’è da uscirne con i lividi addosso. In Danimarca vive con i genitori solo il 3,8% della fascia considerata, un dato in linea con la Finlandia (4,3%) e inferiore alla Svezia (6%), ma comunque anche in Francia i giovani che vivono nella famiglia di origine sono una piccola minoranza (il 13,4%, in crescita dal 10,1% del 2015), nel Regno Unito sono il 14,3%.

Politiche mirate alla crescita del lavoro, attenzione alle esigenze dei giovani, incentivi alle nuove famiglie e alle nascite come avviene in Finlandia ad esempio, dove lo Stato provvede a fare recapitare a casa del nuovo arrivato un pacco che diventa un fasciatoio con dentro tutto il necessario per le prime cure. Lo Stato apre un conto corrente intestato al piccolo dove verrà versato un assegno sino al 18esimo anno di età, anno in cui il giovane potrà utilizzare quanto raccolto per studiare e per ripagare quanto lo Stato ha fatto per lui. Sembra fantascienza, ma il tutto accade a poche migliaia di chilometri da Roma, la capitale e sede di un governo e di una classe politica che sembrano fermi, immobili come un corpo semicosciente che vede andar via le sue migliori menti all’estero o guarda i molti che rimangono in Italia, per scelte o problemi di salute senza far nulla, senza pensare a delle soluzioni adatte, facendoli allontanare dallo studio, dalla politica e dal lavoro, senza dargli una prospettiva per il futuro e dandogli la sola possibilità che hanno: quella di continuare a vivere a carico dei genitori in un quadro sempre più desolante e misero.

di Sebastiano Lo Monaco

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