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11 settembre e guerre programmate

Era l’11 settembre di 21 anni fa. Un giorno come l’altro, una consueta mattina a lavoro. Finalmente il mio turno era finito e me ne potevo tornare a casa. Prima non c’erano gli Smart Phone, né tanto meno Facebook quindi, ignara, salii in macchina e presi la solita strada per tornare a casa. Sembrava veramente una giornata come tutte le altre, una routine come tutte le altre, ma appena accesi la televisione capii che mi sbagliavo.

Tutti i canali delle tv italiane e internazionali erano puntati sulle Torri Gemelle di New York. Due aerei le avevano appena colpite e le telecamere riprendevano quei due edifici di 110 piani fumanti. Quella povera gente agli ultimi piani non aveva altra possibilità che buttarsi nel vuoto e noi, dall’altra parte dello schermo, osservavamo quelle immagini sconvolti. Vedemmo in diretta quelle torri d’acciaio trasformarsi velocemente in una grossa nuvola di polvere. Un misto di sbigottimento, terrore e impotenza aveva accalappiato le mie emozioni.

Poco dopo l’accaduto erano già a conoscenza del presunto mandante. Osama Bin Laden, da una grotta dell’Afghanistan, aveva organizzato una squadra di 19 terroristi che, dopo delle lezioni di pilotaggio, dirottarono quattro aerei commerciali e indisturbati volarono nei cieli statunitensi per più di un’ora. Quella mattina, “casualmente”, la maggior parte dei caccia Usa si trovava in Canada e in Alaska per delle esercitazioni straordinarie. Solo quattro erano a disposizione per difendere l’intero settore Nord-Orientale americano. 

Mille interrogativi sugli attacchi

Del WTC7 non ne parlarono molto ma dicono che furono gli incendi a farlo crollare. Un aereo puntò sulla parte esterna del Pentagono, gli uffici della contabilità per la precisione, mentre l’ultimo aereo si è schiantato in un campo in Pennsylvania dopo che i passeggeri si rivoltarono contro i dirottatori. I testimoni che raggiunsero il luogo dell’esplosione, compreso il sindaco, trovarono solo una buca profonda circa due metri e larga una quindicina. L’Fbi spiegò che l’aereo in realtà c’era ma che si trovava sepolto sotto terra e per questo non lo si poteva vedere. In televisione si parlava continuamente di “terroristi islamici” e di quanto questi gruppi vogliano mettere in pericolo la nostra società.

Questo viene ritenuto da tanti l’avvenimento che ha definito il nuovo capitolo della storia contemporanea mondiale e in effetti, sappiamo tutti, che da quel giorno non ci siamo sentiti più come prima. Gli Usa iniziarono a parlare di Stati amici e Stati nemici, di guerre preventive e, come scritto sul sito del ministero della Difesa italiano, a “ideare un progetto di ristrutturazione geopolitica delle periferie eurasiatiche che mira a recidere alla radice le condizioni che hanno permesso la nascita del network terroristico guidato da Osama Bin Laden”.

Fu veramente l’11 settembre a dare una svolta alla nuova politica internazionale?

Fu realmente quella giornata ed esclusivamente questo evento a delineare le azioni militari avvenute negli anni successivi? L’ex generale statunitense, Wesley Clark, attivo durante la guerra in Kosovo, ci dà un nuovo spunto di riflessione. Durante un’intervista al “Democracy Now” nel 2007 racconta dell’incontro con un generale del Pentagono che gli mostrò un documento secretato. Di seguito uno stralcio di questa intervista.

“Dieci giorni dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 sono andato al Pentagono per incontrare il Sottosegretario alla Difesa, Rumsfeld Wolfowitz. Ho visitato molte persone al Quartier Generale che prima lavoravano per me. Uno dei generali mi ha chiamato e mi ha detto: “Signore passi da me, devo parlarle”. Ho detto: “Credo che avete molte cose da fare”. Mi rispose: “No, abbiamo deciso di attaccare l’Iraq”. È successo circa il 20 settembre”. Ho chiesto: “Attaccare l’Iraq? Ma perché?”. Mi rispose: “Non lo so. Credo che non sappiamo cosa fare contro i terroristi ma abbiamo un buon esercito e possiamo rovesciare il governo”.

Alcune settimane più tardi gli ho fatto di nuovo visita. A quel tempo bombardavamo già l’Afghanistan. Gli chiesi: “Abbiamo ancora nei piani di attaccare l’Iraq?”. Mi rispose: “Oh, molto peggio”. Prese un foglio di carta dal tavolo e mi disse: “Oggi mi è arrivato questo dal Ministero della Difesa. In questo documento è descritto come attaccheremo sette Paesi in cinque anni. Inizieremo dall’Iraq poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e per finire Iran”.

Fate un veloce riassunto mentale di ciò che è successo negli ultimi anni tenendo a mente cosa ha detto questo ex generale. Adesso sta a voi scegliere a quale storia credere. 

di Irene Pastecchi

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