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Bielorussia, ultima “dittatura” in Europa?

La rielezione a presidente di Alexander Lukashenko con 80,23% di consensi, ha scatenato una nuova ondata di violenze in Bielorussia.

Per l’egemonia assoluta dell’imperialismo yankee-sionista l’ostacolo principale in Europa ormai rimane non l’Ucraina ma la Bielorussia di Alexander Lukashenko Grigoryevich, Paese socialista e ultimo Stato sovrano rimasto in Europa. Non c’è dubbio che la protesta ucraina eterodiretta rischia di estendersi al vicino del nord, quasi sia servita come “prova” per applicare la stessa formula in Bielorussia. Quello che è accaduto nel mondo arabo lo vediamo ora ripetuto in Europa.

È pur vero che il potenziale destabilizzante in Ucraina è molto più grande di quello in Bielorussia, così il globalismo ha deciso, come al solito, colpendo in primo luogo l’avversario più debole. La stabilità dell’Ucraina è fragile (divisione tra Est e Ovest, legittimi disordini sociali per disoccupazione e precarietà di vario genere, saccheggio di fondi pubblici da parte di oligarchi  e corruzione dilagante…), mentre in Bielorussia questi problemi sono praticamente inesistenti, perché non sono state tollerate durante gli anni ’90 le infiltrazioni e il saccheggio oligarchico che hanno divorato dall’interno Russia e Ucraina, oltre una leadership forte che ha garantito gli interessi nazionali.

Attraverso un’Ucraina, colonia Ue, con possibili future basi Nato in Romania e Polonia, centro di mercenari “combattenti per la libertà”, la presenza di sinistri figuri come Victoria Nuland, il cui vero nome è Nudelman, il governo social-patriottico di Minsk potrebbe subire infiltrazioni da sud per l’inizio delle rivolte popolari in nome di “democrazia” e “diritti umani”, anche grazie alle munifiche donazioni di qualche Ong-Cavallo di Troia.

Forse Lukashenko dovrebbe prendere precauzioni alle frontiere, in particolare nel sud e nell’ovest, verso lo Stato polacco che è uno dei vassalli occidentali più servili.

Ma chi è Alexander Lukashenko Grigoryevich?

“Alexander Lukashenko è oggi probabilmente l’uomo più calunniato nel mondo politico”, diceva il prof. Matthew Raphael Johnson, esperto di storia e teologia russa e ucraina che, in un articolo del 2011, analizza le ragioni delle calunnie, attribuendole non tanto alla sua “tirannia”, quanto al suo successo.

Lukashenko viene attaccato perché è stato il successo economico del modello sociale nazionalista, o quello che lui chiama il modello “sociale di mercato”, in contrapposizione al capitalismo liberale. Non c’è dubbio che questo modello abbia forti connotazioni nazionali, è in genere filo-russo e il suo futuro economico guarda a est invece che ad ovest “verso i malati terminali”. La Bielorussia è una delle componenti più essenziali della ex Unione Sovietica. Il Paese è specializzato in elettronica, mezzi di trasporto e carburanti, rendendolo altamente strategico oltre che una minaccia per l’egemonia dell’Occidente.

Se la Bielorussia è praticamente sconosciuta alla maggior parte degli americani, anche per coloro che si considerano “esperti” negli affari internazionali, è sintomatico il fatto che per alcune élite occidentali, tra cui l’ex candidato presidenziale John McCain, la Bielorussia rappresenti un aspetto importante nella loro vita politica.

Sembra che l’unico motivo che giustifica i continui attacchi verso questo piccolo Paese è che serve come mezzo per attaccare la Russia, lo “spauracchio” dei neocon per antonomasia. La formazione russa, il gas e la tecnologia legata al petrolio, le istituzioni scientifiche e le risorse naturali possono essere il motivo di questi attacchi retorici costanti. Il fatto che la Russia e la Bielorussia abbiano sperimentato una notevole crescita economica e un aumento della capitalizzazione finanziaria, mentre l’Occidente sembra sempre impantanato in debito e degrado sociale, è qualcosa che fa vergognare i conservatori del libero mercato degli Stati Uniti.

Lukashenko, 26 anni di potere in Bielorussia

Eletto nel 1994, Lukashenko può registrare un grado di popolarità che i politici occidentali possono solo invidiare secondo i sondaggi su 10mila bielorussi della Global Researh Organization con sede a Londra. Dal 1994, la Bielorussia ha mostrato una spettacolare crescita economica, un surplus commerciale e bassi tassi di disoccupazione per cui si spiega  la popolarità del presidente a livelli molto alti, tra il 60% e il 70%.

Qual è la base di questa popolarità? La sicurezza della Bielorussia applicata ad una politica economica che serve i suoi interessi nazionali. Mentre le economie della Russia e Ucraina sono state devastati e i loro capitali portati all’estero dagli oligarchi nei primi anni ’90 con l’aiuto del Dipartimento di Stato, il Fmi e il sostegno dell’Università di Harvard, la Bielorussia ha iniziato il suo programma tenendo la privatizzazione in attesa. Al Fmi è stato chiesto di lasciare il Paese, e da allora Lukashenko è stato chiamato l’ultimo “dittatore” d’Europa.

Un “terzo posto” tra socialismo e capitalismo, così affermava il presidente Bielorusso, “quello che il marxismo e il capitalismo hanno in comune sono i risultati: disuguaglianza totale in potere e ricchezza. Ci hanno consigliato di portare con urgenza l’economia sotto il controllo delle regole del mercato globale dei cambi. Ma abbiamo deciso di non fare affidamento su volubili cambiamenti delle tendenze. Noi non siamo quelli che hanno causato la crisi attuale. Al contrario, la crisi è stata il risultato di qualcosa contro cui siamo determinati a combattere”.

È forse un modello economico umano da cui il “democratico” Occidente, malato terminale, si guarda bene dal riconoscerne gli aspetti positivi, anzi lo demonizza come “dittatura” da abbattere con ogni mezzo.

di Cristina Amoroso

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