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Lampedusa tra accoglienza e business

A Lampedusa la processione continua; passerelle di ministri, presidenti di Camere, perfino il presidente della Commissione Europea sarà costretto mercoledì ad affacciarsi sulla più grande delle Pelagie per mostrare, non si sa con quale tipo di faccia, “rispetto” davanti a quelle povere bare simbolo di una tragedia numericamente ed umanamente inaccettabile. Una passerella che, oltre a voler commuovere una società civile perennemente indifferente alle sorti del sud del mondo, serve forse anche a mascherare il vero marcio che si cela dietro questi viaggi terribili, spesso culminanti con tragedie indescrivibili.

Non solo il piano Kalergy, di cui spesso si è scritto in passato, ma anche singoli e piccoli interessi economici fanno sì che, dietro urla, lacrime e proclami, ci siano numerosi personaggi a cui, nella migliore delle ipotesi, conviene non far mutare il quadro drammatico della tematica dell’immigrazione. Viene da chiedesi: come mai il piano Kalergy che, lo ricordiamo, prevede una massiccia diffusione di immigrati in tutta Europa per destabilizzare la società, viene attuato solo in Italia? In altri Paesi, Spagna e Malta su tutti, in certi casi si è arrivati anche a cannoneggiare sui barconi e così in molti sono costretti ad entrare in Europa dal nord, da quei Paesi scandinavi che oggi vivono una preoccupante deriva sociale grazie all’influsso enorme di gente che proviene da altre culture.

In Italia invece, si prendono immigrati che in teoria dovrebbe soccorrere Malta, spesso si concede loro molto, come anche la non identificazione ed il poco controllo e si accusa, nonostante tutto, il nostro Paese di essere razzista. La risposta è semplice: per l’emergenza immigrazione lo Stato spende mediamente un miliardo di euro all’anno; equivale cioè ad un maxi appalto pubblico e nel nostro Paese, lì dove ci sono appalti pubblici, ci sono interessi e ruberie varie. Dall’assistenza, all’orientamento, ai farmaci e, come in questo caso, il crudele e squallido mercato delle bare, visto che molte agenzie funebri di Agrigento, hanno pensato bene di vederci in questa tragedia un’occasione per specularci su e fregare la concorrenza, insomma dietro ogni singolo immigrato, mentre per l’opinione pubblica sana c’è un essere che soffre perché ha lasciato tutto, per molti c’è un’occasione di business, di guadagno.

Senza l’arrivo di centinaia di immigrati al giorno, molte associazioni, con direttori, addetti stampa ed impiegati al seguito, non avrebbero ragion d’essere; così come, molti farmaci rimarrebbero invenduti e molti soldi dello Stato non potrebbero essere spesi e si sa, lì dove lo Stato esce, c’è qualcun altro che incassa. Se vogliamo rendere quindi omaggio alle più di 300 vittime morte annegate in mezzo al nostro mar Mediterraneo, allora è nostro dovere non cedere al sensazionalismo delle passerelle fatte a Lampedusa in questi giorni, bensì cominciare a chiedersi cosa c’è dietro questo giro vorticoso e spesso illegale, che porta tanti africani ad avventurarsi in viaggi che poi culminano con il peggiore degli scenari; bisogna chiedersi come mai, per esempio, oltre agli scafisti non si fa nessuna ricerca su chi consente loro, anche nelle nostra città, di avere agganci sicuri e fidati; come mai non si fa nulla per scovare la rete di protezioni che i criminali che organizzano questi viaggi hanno alle loro spalle; oppure ancora, come mai, visto il tanto rispetto che si vuol dare a questi poveri morti, non si accontentano le loro famiglie, che dall’Eritrea richiedono le bare indietro, per dar degna sepoltura nella loro terra?

Insomma, dietro a questi interrogativi, c’è il sospetto più che fondato che il business dell’immigrazione non accennerà a fermarsi in Italia.

di Redazione

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