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Crisi ucraina vicina al punto di non ritorno

di Salvo Ardizzone

Senza che nessuno dica apertamente di volerlo, la crisi ucraina sta rapidamente andando fuori controllo, fra mosse e contromosse dei contendenti che, giorno dopo giorno, s’avvicinano al punto di non ritorno.

Sulle cause abbiamo parlato a lungo in altri articoli: gli Usa volevano ridimensionare il ruolo e l’area d’influenza della Russia, che stava riemergendo dall’eclisse degli anni passati, e ancor di più voleva spezzare l’asse strategico che si stava saldando fra diversi stati della Ue, soprattutto la Germania, e Mosca.

La crisi ucraina è stata l’occasione perfetta, pilotata a bella posta da Washington, per resuscitare un “nemico” a Est, e con quello recidere legami consolidati, ridare senso a una Nato ormai priva di significato e rinserrare la presa sui Paesi europei che le stavano scivolando di mano. In questa operazione, hanno fatto da sponda insostituibile i cosiddetti Paesi della “Nuova Europa” (Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Svezia, Norvegia, Danimarca e Olanda), usando il cieco revanscismo di molti di loro per trascinare l’intera Ue verso la crisi.

Sia come sia, dopo gli accordi di Minsk di settembre (mai entrati in vigore), mentre la guerra guerreggiata mieteva vittime a migliaia, Mosca era sotto l’attacco di una guerra economica: da un canto con le sanzioni, che la colpivano facendone pagare il prezzo agli europei; dall’altro con l’attacco al rublo e il crollo del prezzo del petrolio scatenati da Washington e Riyadh.

Parati i colpi più duri grazie a una serie di accordi, ma in difficoltà, Putin ha deciso di non attendere più passivamente l’evolversi di una crisi incancrenita, di cui nessuno cercava seriamente uno sbocco, e ha gettato sul tavolo la sua carta migliore: la forza militare. Nella prima decade di gennaio gli scontri nel Donbass sono saliti d’intensità; in meno d’un mese le forze di Kiev annaspano in chiara difficoltà dinanzi agli “uomini verdi” senza mostrine, che conducono le operazioni sotto la regia della 49^ armata di Stavropol.

Negli ultimi decenni, altre volte in Europa c’è stata la guerra, come nel mattatoio dell’ex Jugoslavia, ma stavolta è assai diverso perché quegli scontri, sia pur feroci, erano destinati a rimanere circoscritti. In Ucraina no, quella è una guerra per procura che ha tutte le possibilità di degenerare in uno scontro fra la Nato e la Russia, con l’Europa come campo di battaglia. Inoltre è netta la mancanza di percezione in molti attori, che la Russia non può permettersi di perdere la partita ucraina, né tantomeno di uscirne umiliata, come vorrebbe Washington per ridimensionarla.

È quest’insieme di cose, unito all’irresponsabile soffiare sul fuoco della Nato, che ha fatto scattare l’allarme rosso in molte Cancellerie, e ha indotto Angela Merkel a intestarsi personalmente una mediazione prima che la situazione precipiti.

Insieme ad Hollande, giovedì scorso s’è recata a Kiev per incontrare Poroshenko e venerdì ha avuto cinque ore di colloqui con Putin. Tutti i partecipanti sanno bene che una pace immediata non è possibile, non dopo migliaia di morti, decine di migliaia di feriti, di mutilati, masse di profughi e infinite distruzioni.

Occorre però un cessate il fuoco reale, con la prospettiva di una credibile soluzione politica che prenda atto della realtà, al di là degli irresponsabili sogni revanscisti di baltici e polacchi, e dei cinici interessi di Washington. Se una tregua, vera, si rivelasse impossibile, si rafforzerebbero le posizioni di coloro che premono per un’ulteriore escalation, che non solo prevedrebbe ulteriori sanzioni, ma spalancherebbe la porta all’opzione militare, con la fornitura di aiuti e la massiccia presenza di “consiglieri” fra le truppe di Kiev.

Potrebbe essere il definitivo punto di non ritorno, perché Mosca l’interpreterebbe come una sostanziale dichiarazione di guerra, con immaginabili conseguenze se qualche “consigliere” americano finisse ucciso da qualche russo o viceversa. 

È questo l’ovvio motivo per cui Berlino, Parigi, ma anche Londra e Roma, ribadendolo anche alla Conferenza per la Sicurezza di Monaco, si sono dette nettamente contrarie ad un riarmo dell’Ucraina, che peraltro s’è già dimostrata inconsistente sul campo, e fa affidamento sulle promesse della Nato e di diversi ambienti Usa per una rivincita.

Obama deciderà nei prossimi giorni sulla proposta del Pentagono di tre Mld di aiuti militari, dopo l’incontro che il 9  gennaio avrà con la Merkel; per adesso si tratta ancora, dopo aver giocato cinicamente con il destino di Popoli e Nazioni; purtroppo il sangue scorre e il tempo sta scadendo.   

            

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