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Crisi globale, frutto del fallimento del modello ultraliberista

di Salvo Ardizzone

In questo scorcio di fine estate, l’economia del mondo scricchiola sinistramente; certo, è dal 2008 che il mondo è sull’otto volante, fra euforici annunci di riprese annunciate e bruschi risvegli alla realtà; la differenza è che adesso economisti e banchieri centrali non riescono a capire che sta accadendo.

I fatti, evidenti, sono sotto gli occhi di tutti: la Cina, che negli anni scorsi ha trainato il resto del mondo con i suoi acquisti di materie prime, adesso annaspa sotto il peso di bolle speculative gonfiate all’inverosimile per sostenere a tutti i costi una crescita abnorme. Speculazione immobiliare, debito schizzato al cielo, banche strapiene di crediti spazzatura, aziende di Stato decotte che si mantengono con fiumi di aiuti e da ultima un’enorme bolla speculativa in Borsa, fanno traballare un colosso che non può essere più la fabbrica a basso costo del mondo, ma che è ancora assai lontano dal divenire un’economia stabile ed evoluta.

Gli Stati Uniti, che dopo aver causato il disastro globale del 2008/2009 ne avevano scaricato il peso sul resto del pianeta, sembrava avessero imboccato la via della ripresa, ma, a guardar bene, non solo è assai meno sostenuta del previsto, ma mostra evidenti segni contraddittori: in poche parole è drogata, tenuta in vita solo dalle manovre della Fed di Janet Yellen, che ora non sa più cosa fare.

In Europa, dove di ripresa vera non s’è mai parlato, schiacciata com’è su politiche assurdamente restrittive, la stessa Germania è in evidente affanno, malgrado un’Eurozona ritagliata a misura delle sue esigenze. E non si tratta d’un fatto contingente come già accaduto nel passato: la sua economia si basa esclusivamente sull’export; fra aziende che esportano e quelle che forniscono loro beni e servizi, per quasi tre quarti del Pil dipende da esso. Uno squilibrio madornale che s’è potuta permettere scaricandolo, attraverso complessi meccanismi creati a bella posta, sul resto dell’Eurozona.

Adesso, tuttavia, a parte l’Europa devastata dalle politiche che essa stessa ha imposto, la Cina e gli altri Paesi emergenti non “tirano” più e le esportazioni sono crollate, portandosi dietro l’economia e la Borsa (per la cronaca, dal 20 luglio Francoforte è nettamente la peggiore di tutta Europa perché sconta un Sistema squilibrato dinanzi all’andamento manifesto dei Mercati).

Potremmo continuare a lungo: con la crisi che ha investito le economie emergenti, con il crollo dei prezzi delle materie prime e così via; ma tutti questi sono eventi, fatti che sono accaduti e stanno accadendo in barba a chi sosteneva con sufficienza che non sarebbe mai avvenuto; ciò che sfugge ai soloni dell’economia e li getta nel panico è la mancata comprensione del perché.

In fondo le Banche Centrali sono intervenute inondando i Sistemi di masse inimmaginabili di denaro, ma l’economia non ha risposto; o meglio, non è crollata ma non si è neppure ripresa, ed ora ricomincia a declinare.

In questi giorni, a Jackson Hole, nel Wyoming, si tiene l’appuntamento annuale dei Banchieri Centrali e degli economisti più in vista, e là le dotte analisi si sprecheranno senza che nessuna sfiori quella che è la realtà: semplice quanto sotto gli occhi di tutti, ma da tutti respinta come una bestemmia.

Primo: con buona pace di tutti coloro che continuano ad osannarlo, il Mercato non si è mai autoregolato; esso tende solo al massimo profitto, a prescindere, e senza una robusta rete di controlli, finisce per distruggere se stesso e l’economia che lo ospita, come accaduto infinite volte.

Secondo: per la medesima ragione, pompare somme immense in un’economia senza alcun indirizzo negli impieghi ed una solida cornice normativa che li regoli, non solo non serve a nulla ma alimenta a dismisura gli squilibri che vuole tamponare. I capitali non affluiranno sull’economia reale, stimolando consumi e produzioni di beni e servizi, ma saranno destinati a impieghi finanziari, all’economia virtuale, la stessa che con la sua irresponsabile avidità ha causato i disastri che sappiamo.

Terzo: senza consistenti meccanismi di redistribuzione della ricchezza prodotta, che sostengano i redditi e taglino le diseguaglianze, l’economia, quella vera, non potrà ripartire, perché non ripartiranno i consumi. Per un Sistema economico, avere alcuni miliardari in più non serve a niente, destineranno quote crescenti di reddito all’accumulo o ad impieghi finanziari togliendoli agli investimenti ed ai consumi, e quindi all’economia reale; ben diverso è avere centinaia di migliaia di lavoratori con una busta paga più pesante, che spenderanno stimolando i consumi e quindi la produzione di beni e servizi. A parte i fattori di equità e giustizia, è un fatto di convenienza per l’intero Sistema.

Potremmo continuare nell’elenco, che si riassume nell’eterno fallimento del modello capitalistico lasciato senza regole e controlli. Ma figurasi se questo concetto, che non ha bisogno d’essere dimostrato perché è la Storia ad averlo fatto per noi infinite volte, potrà mai essere accettato dai santoni dell’ultra liberismo.

Si andrà avanti come sempre, bruciando masse immense di denaro in un colossale gioco di monopoli condotto da un pugno di potenti sulle spalle di Popoli e Nazioni. Avanti fino alla prossima crisi, che come sempre pagheranno i più deboli.

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